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vii - la «commedia» | 205 |
Davide ballando sembra piú e meno che re; e gli sta di contro Micol, che ammirava:
sí come donna dispettosa e trista. |
Erano i tempi di Giotto, e parevano maravigliosi quei primi tentativi dell’arte. Quest’alto ideale pittorico di Dante fa presentire i miracoli del pennello italiano. Il poeta avea innanzi all’immaginazione figure animate, parlanti, dipinte da
colui che mai non vide cosa nuova, |
ben piú vivaci che non gliele potevano offrire i suoi contemporanei.
Piú in lá il dipinto sparisce: senza aiuto di senso, per sua sola virtú, lo spirito intuisce il bene e il male, ricorda i buoni e i cattivi esempli, vede da se stesso e in se stesso. La realtá non solo non ha la sua esistenza, come cosa sensata, il sensibile; ma neppure come figurativa, in pittura: diviene una visione diretta dello spirito, che opera giá libero e astratto dal senso. Nasce un’altra forma dell’arte, la visione estatica. L’anima vede farsi dentro di sé una luce improvvisa, nella quale pullulano immagini sopra immagini, come bolle d’acqua che gonfiano e sgonfiano, e l’universo visibile si dilegua innanzi a questa luce interiore, di modo che il «suono di mille tube» non basterebbe a rompere la contemplazione. Dante trova forme nuove ed energiche ad esprimere questo fenomeno. Le immagini «piovono» nell’alta fantasia; la mente è
sí ristretta |
L’immaginativa ne «ruba» di fuori, sí
ch’uom non s’accorge |
L’anima, vòlta in estasi, ficca gli occhi nell’immagine con ardente affetto:
come dicesse a Dio: — D’altro non calme. — |