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ugo foscolo 87

onorario passava gli ozi a Milano, in contrasto con sé e con gli altri irrequieto, scontento, ora tutto gioco e donne a quel modo che il contadino si ubbriaca «per dimenticare il suo stato», ora tutto solitudine e scrittojo, fantasticando, tra imprecazioni e disperazioni.

                                    E so invocare, e non darmi la morte,                
L’idea del suicidio gli balena avanti piú volte: ha venti anni e sente giá il vacuo dell’esistenza:
                                    Non son chi fui: peri di noi gran parte,
Questo che avanza è sol languore e pianto;
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
Del lauro, speme al giovenil mio canto.
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .
     Figlio infelice e disperato amante,
E senza patria, a tutti aspro e a te stesso.
Giovane d’anni e rugoso in sembiante,
     Che stai? breve è la vita e lunga è l’arte:
A chi altamente oprar non è concesso.
Fama tentino almen libere carte.
               
L’intenzione era ottima: ma la volontá era difettiva. E spesso tra un sonetto e l’altro correvano delle giornate e delle notti male spese, tra piaceri scontenti e seguiti da rimorso:
                                    Di vizii ricco e di virtú, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace.
               

Ho citato de’ versi. Vedete giá la differenza, ove facciate il raffronto con l’ode. Ivi ridondanza, improprietá e generalitá. Qui una forma condensata e raccolta con certo studio di forza e di profonditá, con armonia severa, penetrata da un pensiero in travaglio. Sul fondo incolore della scuola si va designando una fisonomia.

Uomo di passione e d’immaginazione, Foscolo, percosso da avvenimenti tanto straordinarii in cosí breve tempo, in contraddizione con tutte le sue affezioni e con tutte le sue idee degli