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Leopardi, non ci è il sentimento della natura in quanto natura, cosí profondo e fantastico e pensoso, come si trova ne’ tedeschi. Ci è la natura, ma come bella, tutta al di fuori, tutta colori e riso e splendore. La natura si confonde nella sua anima con lo stesso sentimento della bellezza. La donna stessa egli non la sente come donna, ma come bella natura, e contempla quelle «labbruzza» e quegli «occhiuzzi» con lo stesso sentimento estetico che contempla i fiori e le stelle. (Benissimo)

Cosa che in mezzo alla voluttá del godimento gitta non so che casto e quasi verginale, che stacca tanto il nostro poeta da quella turba di arcadi, i quali, quando non volevano essere freddi, riuscivano osceni. (Benissimo)

La Buccolica o il poema delle quattro stagioni è tenuto il suo capolavoro, uscito fresco e fragrante dalla vita e dal cielo siculo. Voglio darvene qualche idea. Prendiamo il Dameta. Siede su di una collina con la sua Dori, e vede le ombre calare da’ monti, «spruzzannu supra li campagni la suttili acquazzina», e fumare le capanne, e ritirarsi gli agnelli e i vitelluzzi, e tacere gli uccelletti tra i rami, e lá in fondo al vallone cantare l’usignolo; e allora:

                                                   scossu e traspurtatu
Da l’amabili oggetti ch’avia accantu,
Senz’aspittari autra armuma chi chidda
Chi respirava ’ntornu la natura,
Teneru e gratu ’ncuminciau lu cantu.
               

Ciò che ispira Dameta, è la bella natura, e non gli bisogna musica, gli basta quell’armoma:

                                                   Sti silenzi, sta virdura,
Sti muntagni, sti vaddati
L’á criatu la natura
Pri li cori ’nnamurati.
     Lu susurru di li frunni,
Di lu ciumi lu lamentu,
L’aria, l’ecu chi rispunni,
Tuttu spira sentimentu.