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giovanni meli | i85 |
denza e stile andante. Il savio che canta e vede sotto di sé la Fortuna, è l’immagine prominente, e i quattro versi intorno alla Fortuna ti fissano per proprietá e vigore.
L’ode che le sta di rincontro, la Fortuna, che sviluppa in senso negativo lo stesso concetto, ha per contrario un tono svelto e quasi scherzoso:
Oh! ca passa! allerta, allerta! La Furtuna veni a tia! Vacci ’ncontru pri la via. Facci asciari porta aperta... A sti vuci affacciu e viju Donn’altera e risplendenti! Prevenutu da li genti Ieu la porta sbarracchiu. |
Ricordatevi la Fortuna del Guidi, tanto vantata a quei di, quella superbona che poi mi ha aria di una pettegola quando dopo tanti vanti a suon di tromba se la piglia con un contadino e gli abbrucia le messi. Piú fino è qui il concetto, e ti coglie improvviso come un epigramma. La Fortuna respinta dal poeta vorrebbe colpirlo, ma si fa piccolo piccolo e lei, avvezza a colpire le cime, lo perde con l’occhio Lepida e arguta conchiusione, con la quale si ribadisce il concetto che il Savio non ha nulla a temere dalla fortuna:
Purchi resti in mia la paci, Staju bonu ccá unni sugnu. Ristau fridda comu nivi, Poi pretisi fari scasciu; M’eu mi misi tantu vasciu, Ca di l’occhi cci spirivi. |
Questo è il mondo della natura e della pace, che il poeta sotto si ricche forme ci mette innanzi. E ci vive entro, perché non è imparato da’ libri, è mondo suo, è l’anima sua, Musa ispiratrice è il sentimento voluttuoso della bella natura. In Meli, come in tutt’i poeti italiani, eccetto forse soli Dante e