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Accanto a queste memorie c’era la vita moderna, e, centro d’essa, l’idea religiosa. La quale presso gli altri popoli poté immedesimarsi con le loro tradizioni, calare in terra, mescolarsi con le passioni e gl’interessi; presso di noi rimase e dovea rimanere fuori del nostro passato. Onde non avemmo un genere di poesia, come il poema cavalleresco, nel quale tradizione e religione formassero un tutto poetico. Avemmo due generi puramente religiosi, la visione e la leggenda. Nel primo è rappresentato il maraviglioso dell’altro mondo; nel secondo il maraviglioso de’ fatti umani. Spesso si confondono: la visione penetra nella leggenda ed accresce la maraviglia. Le Vite del Cavalca, i racconti del Passavanti, i Fioretti di s. Francesco ce ne porgono molti esempii, oltre la lunga lista di visioni che ci hanno data il Labitte, l’Ozanam ed il Kopisch.

Il sentimento che dominava in queste visioni era in generale il terrore, come si richiedea a far effetto sulle rozze fantasie. Il diavolo ci avea il primo luogo; si gareggiava di ferocia nella invenzione delle pene, sí dell’inferno, come del purgatorio.

Ben presto dal pulpito e da’ libri passarono nelle piazze. Si tradussero in drammi, se ne fecero pubbliche rappresentazioni. Il demonio, i dannati, le anime purganti dovettero sugli spettatori produrre gli stessi effetti che le terribili Eumenidi degli antichi. Ci era in tutto ciò un concetto tragico, la perdizione dell’anima, manifestato in azioni particolari, parte raccontate, parte rappresentate, come negli inizii del dramma greco. Ora, Dante s’impadroní di questo argomento, che avea mostrato solo qualche frammento di sé a questo e a quello; se ne impadroní, lo abbracciò in tutta la sua ampiezza e vi pose a fondamento la redenzione dell’anima. Cosí la tragedia fu trasformata in una commedia, che i posteri chiamarono «divina».

Questo argomento è l’ultima pagina della storia umana, e, per dirla poeticamente, lo scioglimento del dramma terrestre. Il sipario è calato; la porta del futuro è chiusa; l’azione è finita al movimento della libertá è succeduta l’immutabile necessitá, un presente eterno. Che cosa ci è in fondo? La morte della libertá, l’annullamento della storia.