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perché Goethe fa parlare i fiori, e perché Victor Hugo gitta al di dentro della pietra l’anima di Nerone. Ho inteso alcuni critici francesi, stringendosi nelle spalle, dire: — Ecco qua, sempre lo stesso: ah quelle metafore! ah quelle antitesi! — . Vorrebbero il loro Victor Hugo: egli è si grande, che non osano piú di dirgli: — Vattene lá — ; lo vorrebbero, ma a patto che divenisse un po’ piú giudizioso, che scrivesse con un po’ piú di buon gusto: insomma vorrebbero in quel cervello mettere un po’ del loro cervello. La metafora e l’antitesi non sono giá forme accidentali, che si possono togliere o mitigare, come si fa nella composizione di un collegiale. Qui sono, come in Shakespeare1, la faccia del concetto. Il quale non risulta dall’individuo, ma dalla specie; non dal proprio delle forme, ma dal simile, dalla loro fusione, presentandoci, come ultimo motto della poesia, l’unitá o il contrasto della idea nell’indifferenza delle forme ora concordanti, ora cozzanti, Dio o il cieco fato, la veritá o l’enigma, l’affermazione o la negazione, la metafora o l’antitesi. Si presenta per esempio innanzi a Victor Hugo la «marguerite». Il poeta non si oblia nella contemplazione di questo fiore tanto gentile, l’astrologo degli amanti, ma trova subito un rapporto tra le fogliettine candide ond’è incoronato e i raggi del sole; e la margheritina esclama: «Et, moi, j’ ai des rayons aussi!»2. Il sostanziale non è qui in nessuna delle due forme, come due individui distinti, ma nella somiglianza tra «la petite fleur et le grand astre», ed il significato è nel titolo della poesia: Unité! Una volgare metafora, i raggi della margheritina, è qui alzata a significare l’armonia universale. In un’altra poesia3 l’autore ci dipinge le ignobili risse ed infami tra un marito ed una moglie: — «Silence, assassin! — Tais-toi, prostituée!» — . Indi soggiunge:



  1. Con la debita differenza. La metafora e l’antitesi di Shakespeare non hanno la loro esistenza in un rapporto estrinseco, costruito «a priori» e talora arbitrario, com’è in Victor Hugo, ma vivono nel seno stesso delle cose. Sotto quasi la stessa apparenza è un’altra maniera di poesia.
  2. Unité, 1. I [XXV].
  3. Intérieur, 1. III [XVIII], Vedi pure la Nichée sous le portail. 1. II, XXVII.