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le «contemplazioni» di victor hugo 29

si che ella vegga le stesse cose sotto nuove forme o nuovi colori. Nelle supreme sventure l’uomo vede come scomparire il suo antico me, dal tumulto del mondo esteriore si ritira in sé stesso. Che cosa sono gli uomini, quando in mezzo a loro non trovo i miei cari? che cosa è il cielo quando non veggo ridere in esso il mio cielo, il cielo del mio paese? L’universo è vuoto; il cuore è un sepolcro; e le immagini, con le quali io mi domestico, sono le tenebre e la morte e l’eternitá e l’infinito: l’enigma della vita mi s’affaccia in tutta la sua serietá. O Victor Hugo, io ti comprendo.

La vita di Victor Hugo è stata tutta esteriore; la sua anima erasi versata al di fuori con abbandono; amava il tumulto e lo spettacolo; egli era nato per vivere a Parigi. Mobile, battagliero, irrequieto, cercatore di lotte, vago di commozioni; e tutto sparve! Ed eccolo lá, solitario su di uno scoglio, circondarsi anch’egli di spettri e di ombre, e interrogare il Destino: — Che cosa è la vita? che cosa è la morte? onde veniamo? dove andiamo? — . Quando il dolore lo ha percosso, egli ha sentito fremersi al di dentro l’anima di Giacomo Leopardi; ed il voluttuoso poeta delle Orientali è divenuto il poeta dell’infinito. Certo, nelle sue antiche poesie bene incontriamo qua e lá come lampi le stesse immagini, ma sono fantasmi fuggevoli, fantocci coi quali il poeta scherza un momento per rigettarsi nel tumulto della vita; l’eternitá si affaccia appena, e giá si ritira di mezzo al mondo mobile delle passioni, dove il poeta si obblia. Ora tutte le corde si sono spezzate, ed è rimasa una sola, malinconico ritornello, che fa di tutto l’universo il suo eco:

                          Nous avons devant nous le silence immobile.
Qui sommes-nous? ou sommes-nous?
                    

D’oú viens-tu?— Je ne sais.— Oú vas-tu? — Je l’ignore.

L’homme est lancé. Par qui? vers qui? Dans l’ínvisible1.

  1. Horror, 1. VI [XVI]