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carattere di dante e sua utopia 105

ci ritragga Dante non obliquamente, ma di fronte, tutto intero qual è, in tutto quel suo doloroso alternare dall’amore all’odio, dall’ira alla disperazione, portando nell’amore tutta l’energia che porta nell’odio, concependo insieme Inferno e Paradiso, Francesca e Filippo Argenti, Farinata e Cavalcanti, oggi chiamando i suoi concittadini «bestie fiesolane», e dimani esclamando pietosamente: «popule mi, quid feci tibi?».

Noi siamo disposti a idealizzare gli uomini, e ce li figuriamo tutti d’un pezzo. Chi fa un atto di crudeltá, issofatto lo battezziamo per una tigre. Ma la natura è varia ne’ suoi procedimenti, e spesso si piace ne’ contrarii armonizzati da impercettibili gradazioni. Achille infierisce bestialmente sul corpo di Ettore, ed innanzi al vecchio padre di lui s’intenerisce fino al pianto. Dante è si pietoso, che vien meno a’ casi di Francesca e di Paolo, ed è si feroce che può concepire e descrivere con ispaventevole precisione il cranio d’un uomo sotto i denti di un altro uomo.

Nei tempi civili impariamo a studiare i gesti e le parole, a conservar sempre nell’aspetto un’aria di benevolenza; si che l’uomo, che chiamasi educato, ti fa men difficilmente un’azione ignobile che una scortesia. Dante è piú presso alla natura e si manifesta schiettamente.

È un personaggio essenzialmente poetico. Il suo tratto dominante è la forza che prorompe liberamente e con impeto. La sventura, non che invilirlo, lo fortifica e lo alza ancor piú su. Costretto a mangiare il pane altrui, ad accattar protezioni, a soggiacere ai motteggi del servidorame, nessuno si è piú di lui sentito superiore a’ suoi contemporanei, nessuno si è da sé posto sí alto al di sopra di loro. La famosa lettera, nella quale ricusa di ritornare in patria a scapito del suo onore, non solo rivela un animo non inchino mai a viltá, ma in ogni riga quasi ci trovi l’impronta di questo nobile orgoglio.

Non è questa la via del mio ritorno in patria;... ma se un’altra se ne trovi, che non sia contro la fama, contro l’onore di Dante, quella ben volentieri accetterò. Che se per nessuna via di tal fatta si entra in Firenze, in Firenze non entrerò io mai.