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strazio, non si può dubitare, se non da quelli che ricordano il Torquato Tasso, ed obliano Werther e Margherita. Certo, negli ultimi tempi attese troppo a lavorare il di fuori, portò il culto della forma tropp’oltre e ne fa fede il Torquato Tasso e la seconda parte del Faust; ma, a voler giudicare delle sue poesie generalmente, il Goethe è tra’ poeti moderni quello che piú si accosta all’antica perfezione plastica; se non che le sue figure hanno una espressiva mobilitá, che certifica la vita interiore; e l’elemento critico o riflesso, non possibile a vincere, lo chiarisce moderno. L’affetto è da lui portato fino al punto, che possa trasparire nelle linee e nei colori, senza guastare la bellezza; e quando giunge a tale violenza, che rompe la placida armonia delle tinte, o indocile all’immagine, prorompe al di fuori, con l’impeto eloquente di un puro sentimento, il poeta sa sviare o interrompere a proposito, e portare l’anima in piú serena regione.

Quelli che mi hanno seguito con qualche attenzione, possono gustare, ora, le delicate bellezze di questa breve poesia. È l’ultimo addio ad una donna amata, soggetto comunissimo. Coloro che sono avvezzi a cercare in una poesia pensieri acuti ed immagini raffinate, troveranno questa piú che insipida. Ci era veramente di che infastidire il lettore, a parlargli di viole, di rose e di primavera, che ne siamo fradici! Cosi direbbe qualche impaziente.

Non solo nei pensieri e nelle immagini non v’è niente che esca dal comune; ma né tampoco nello stile. L’autore sembra si rida di costoro e faccia a dispetto. Non vedi alcuno sforzo per abbellire, per ornare: procede piano, naturale, quasi negletto. «La viola fiorisce», «la primavera ride», «io men vo lontano», ecc., ti presenta le idee col loro linguaggio proprio ed immediato; è una candida semplicitá, che gli uomini di cattivo gusto chiamano volgaritá. Il che dico, principalmente, di noi, che, invaghiti di uno splendore letterario e fattizio, ci allontaniamo, ogni giorno piú, dalla semplicitá della natura, ed in su questo andare giungeremo a tale, che non comprenderemo piú Leopardi.