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6 | saggi critici |
Ma forse maggior virtú e piú difficile ancora è il serbare in mezzo alle calamitá il cuor giovane ed affettuoso, veggendo siccome l’avversitá suol rendere l’uomo d’indole aspra e quasi selvatica. Ed uomini maligni e senza cuore si finsero un Leopardi misantropo, fiero odiatore e nemico dell’uman genere. Se alcuno tra loro è che possa mai amare, ch’ei legga queste lettere ed amerá il nostro Giacomo: di cui solo conforto fu l’amicizia, non quale se la dipinge il volgo tutta vezzi e complimenti e sorrisi, ma una vita di due anime. Ciò che si desidera piú ne’ nostri scrittori di lettere, è l’affetto, senza il quale elle non sono che un formulario ipocrita. E qui soprabbonda l’affetto; né alcuno amato fu mai, come il Leopardi amò; testimonio il Brighenti e il fratello Carlo e la sua Pilla e quella cara anima di Antonietta Tommasini e sopra essi tutti Pietro Giordani. Forse la piú cara cosa che di costui ricorderanno i posteri, è l’amicizia straordinaria che lui sommo e famoso legò ad un giovanetto sconosciuto di diciotto anni. Ben fortunato cui Giacomo degnò di tutta la pienezza del suo amore. Amore inesausto e quasi ideale, bisogno supremo di quel cuore d’angelo, e che solo non lo lasciò mai in tutto nella sua vita. «Amami per Dio, supplica al fratello Carlo; ho bisogno d’amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita.» E in veritá si può dire che il dolore e l’amore sieno la doppia poesia di queste lettere.
Pochi, specialmente se si misuri col nostro desiderio, son i giudizii che dá il Leopardi delle condizioni del nostro paese in fatto di letteratura e filosofia: cosí brevi intervalli ha il suo dolore. Il concetto ch’egli ha delle cose è si alto, che a noi non fará maraviglia se egli ci parrá giudice severissimo, e, se piú che lodare quello che abbiamo, egli ci mostra quel che ci manca. Ma non è mio intendimento di esaminare, in che i suoi giudizii si discostano (né poco, né in cose di poco momento) dalla scuola purista, ristoratrice dei buoni studi e prima redentrice d’Italia dallo straniero. Anzi, poiché è ormai tempo, vo’ conchiudere il mio dire, senza far parola di quell’ultima materia delle lettere, che è quasi la parte prosaica e volgare; le imprese letterarie, la stampa delle sue opere, e i consueti uffici e i convenevoli della