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gradi della depravazione | 93 |
Tutti son pien di spirti maledetti; Ma perché poi ti basti pur la vista Intendi come e perché son costretti. Canto XI |
Chi vuole nell’interesse puramente scientifico studiare questa teoria de’ delitti e delle pene, vedrá che egli ha saputo modificare ed addolcire le teorie crudeli che allora correvano: apra l’XI canto e vi troverá un’evidenza straordinaria (se in Dante non fosse ordinaria) con cui sa rendere chiari i concetti più. difficili. Egli ha sentito il bisogno di non interrompere la narrazione e scendere a peculiari e troppo particolari osservazioni; ha saputo dal punto scientifico innalzarsi fino al sublime della poesia. Vedete l’avvicendarsi della fortuna rappresentata in una dea; il giudizio universale che in bocca di Virgilio prende una espressione eterna; la descrizione dell’origine de’ fiumi dell’inferno, dove la idea simbolica è tradotta in una descrizione naturale. Ma piú commovente d’ogni altra è la descrizione delle pene de’ suicidi. Essi sono costretti ad abitare in un albero come in suo corpo. Egli dimanda la spiegazione di questa pena: e Pier delle Vigne risponde:
Quando si parte l’anima feroce Dal corpo, ond’ella stessa s’è disvelta, Minos la manda alla settima foce. Cade in la selva e non l’è parte scelta, Ma lá dove fortuna la balestra, Quivi germoglia come gran di spelta. Surge in vermena ed in pianta silvestra: L’Arpie, pascendo poi delle sue foglie, Fanno dolore ed al dolor finestra. Come l’altre verrem per nostre spoglie, Ma non però ch’alcuna sen rivesta, Ché non ò giusto aver ciò ch’uom si toglie. |