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86 | primo corso tenuto a torino: lez. xiii |
Intesi ch’a cosí fatto tormento Eran dannati i peccator carnali, Che la ragion sommettono al talento. Canto V A vizio di lussuria fu si rotta Che libito fe’ lecito in sua legge. id. |
Qual è la ragione della eterna punizione dell’anima dannata? L’eterna sua impenitenza: essa fu peccatrice in vita ed è ancora tale nell’inferno. La sola differenza è che mentre che era viva potea tradurre il suo peccato in un fatto estrinseco: laddove nell’inferno rimane allo stato di mero desiderio: essa vuole peccare senza averne la forza. Da questo germina una situazione poetica. La vita terrena è riprodotta tal quale: il peccato è ancora vivo: e la terra è presente all’anima del peccatore: salvo il fatto, le stesse voglie si riproducono.
Qual è il vantaggio che l’inferno ha come poesia sopra il purgatorio e il paradiso?
In questi si dileguano le passioni: al di lá dell’inferno vi è calma e ragione: quanto piú [l’anima] si accosta alla ragione tanto piú si discosta dalla poesia. Nell’inferno si dipinge il core umano in tempesta, in movimento, animato da ciò che vi ha di piú caldo. Questo è aumentato dalla realtá in cui si trova il poeta, poiché la vita terrena non è che la rappresentazione epica del mondo in cui egli vive. Il rigoglio della passione, l’energia della volontá, che costituiscono la barbarie della vita, sono il carattere di quell’epoca, la quale è ben riprodotta perché — permettetemi l’espressione — Dante è anch’esso un barbaro, un eroico barbaro. Ciò si scorge dall’energia della sua individualitá, dal carattere iroso, vendicativo, implacabile. La sua penna non è giá un pennello che dipinga, ma una spada che mena sopra gli avversarii. Nella vita calma e serena che egli dipinge in purgatorio ed in paradiso, nulla ha riscontro con ciò che è nella vita pratica: non è che una finzione derivata dal cervello, dall’astratto del dovere. Ecco perché nell’inferno vi è tanta vita e realtá: ed uscito da quello non vi è piú che il campo ideale che va a