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56 primo corso tenuto a torino: lez. viii


gentilezza e benignitá. Dante non è stato né l’uno, né l’altro, o per dir meglio, è stato l’uno e l’altro. Uomo di passione e d’impeto, natura schietta e primitiva, che abbandona tutta la sua anima alla impressione fuggevole del momento, tanto terribile allor che si adira, quanto pietoso allor che s’intenerisce; coloro i quali vanno pescando una logica connessione nelle varie apostrofi e sentenze fuggitegli dalla penna, gittano via la fatica ed il tempo. E colui mi scriverá una vera vita di Dante, il quale, uscendo una volta dalla polemica che ci sospinge sempre nel punto opposto a quello scelto dal nostro avversario, ci ritragga Dante non obliquamente, ma di fronte, tutto intero qual è, in tutto quel suo doloroso alternare dall’amore all’odio, dalla speranza alla disperazione, portando nell’amore tutta l’energia ch’egli porta nell’odio, concependo insieme inferno e paradiso, Francesca e Filippo Argenti, Farinata e Cavalcanti, oggi chiamando i suoi concittadini «bestie fiesolane», e dimani esclamando pietosamente: «popule mi, quid feci tibi?».

Chi di voi può dirmi che Dante, questa individualitá cosí ricca, cosí vivace, sia un essere simbolico? Ciò è troppo assurdo. Onde alcuni affermano di lui, come di Beatrice, che talora sia realtá, talora simbolo, e che appunto in questo indefinibile, in questo ondeggiamento stia la bellezza poetica. Ma ciò non ha senso. Dante mero simbolo è una concezione astratta e prosaica; Dante mera realtá è una concezione empirica e prosaica. Amendue le ipotesi sono contrarie alla natura, contrarie alla poesia. Dante dev’essere a un tempo realtá e simbolo, corpo e spirito: quello che voi chiamate concetto simbolico, dev’essere non un pensiero, ma il suo pensiero, non un ideale, ma il suo ideale: v’è in Dante l’elemento uomo, l’homo sum, che non distrugge la sua personalitá, anzi non può farne senza.

Nel mondo soprasensibile la realtá si dissolve e si fa ombra, e rimane nondimeno realtá; la societá del medio evo va a perdersi nella societá umana, e rimane nondimeno se stessa; l’individuo vanisce nel genere, e rimane nondimeno individuo; Dante è l’uomo, e rimane nondimeno il tale uomo: la poesia non è che a questa condizione. Considerate Dante cosí vivo e