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Questa certamente dovè aver luogo sulla fine di febbraio o il principio di marzo del i855, perché tra essa e quella ascoltata dalla Collegno, il i8 marzo, sul comico, sul ridicolo e la caricatura1, ne intercorrono soltanto due (la XXIV e la XXV del presente volume). Il 23 aprile la Collegno ne ascoltò ancora un’altra (la nostra XXVIII), in cui l’autore, a proposito del canto dei simoniaci, fece la differenza tra la poesia, la scienza e l’eloquenza2. Da questi dati cronologici si deduce che tra il i8 marzo e il 22 aprile vi fu una sola lezione (la XXVII), quella cioè sul sarcasmo come forma d’arte, che un recensore, l’Occurti, nella rivista Il Cimento, indicava come la quinta dell’anno3. E poiché alla lezione del 22 aprile ne seguirono altre sei, di cui cinque sul Pwgatorio, possiamo affermare che il secondo e ultimo corso — l’anno dopo il grande maestro venne chiamato ad insegnare nel Politecnico di Zurigo — risultò di i2 lezioni, che, tenute una per settimana, terminarono pure, come quelle del primo corso, sulla fine di maggio o il principio di giugno.

Mentre però possediamo tutte le lezioni del secondo anno, non ci restano tutte quelle del primo, che, come si è detto, furono ventiquattro. Noi ne abbiamo potuto porre insieme ventidue, poiché manca la lezione sullo stile di Dante, che fu ascoltata dalla Collegno, e un’altra, di cui non si può stabilire il contenuto. Ma perdita ancor piú dolorosa è che alcune delle ventidue lezioni, da noi raccolte, non ci son pervenute in manoscritti del tempo per le vicende che ora narreremo.

Quando le carte letterarie del De Sanctis furono, dopo la sua morte, dalla vedova donate alla Biblioteca di S. Martino, donde son passate alla Bibl. Naz. di Napoli, la nipote prediletta, sig.na {{subst:Agnese De Sanctis}}, per amoroso ricordo dello zio ne volle conservare una parte, tra cui quelle che contenevano quasi tutte le lezioni torinesi su Dante. Parecchi anni dopo carte e lettere, in parte da lei e in parte da un suo nipote, che forse le sottrasse,



  1. Op. cit., p. 246.
  2. Op. cit., p. 255. «Che sottigliezze sapienti — annotò la nobildonna — , ma troppo astratte per capirle senza avere il tempo di riflettervi sopra. Di Dante non parlò punto, ma fece mille distinzioni fra l’oratore ed il poeta, fra l’oratore e l’uditorio, tra la pura forma e il pensiero. Disse bene tutto, ma fu difficile da seguitare».
  3. La lunga e precisa recensione dell’Occurti su tutte le lezioni del De Sanctis fu da me ristampata in appendice al volume: F. de Sanctis, Lezioni inedite sulla Divina Commedia, Napoli, Morano, 1938, pp. 275 sgg.