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esposizione critica della divina commedia 4ii


L’amore è operoso e rende migliore: onde il riso di Beatrice è quello che infonde nova virtú nel poeta. Cosi il suo corpo, privo di ogni impedimento, sale verso le sfere come rivo, «se d’alto monte scende giuso ad imo»; il suo sguardo acquista valore dí figgersi nel Sole dall’atto somigliante di Beatrice.

                                         Quando Beatrice in sul sinistro fianco
Vidi rivolta, e riguardar nel Sole:
Aquila sí non gli s’affisse unquanco.
     E si come secondo raggio suole
Uscir del primo, e risalire in suso,
Pur come peregrin che tornar vuole;
     Cosí dell’atto suo, per gli occhi infuso
Nell’immagine mia, lo mio si fece;
E fissi gli occhi al Sole oltre a nostr’uso.
     

Parimente l’amore, sciolto dalla servitú de’ sensi, è innalzato ad un ideale, che tiene molto dell’affetto materno; e Dante, che uel purgatorio senti il tremore della fiamma antica, qui ode Beatrice con riverenza di figliuolo. Quando ella si allontana, ei non sente dolore, non manda lamento; ogni parte terrestre è in lui arsa e consumata. Le sue parole sono affettuose; ma è affetto di gratitudine misto di riverenza; siccome, nel piccolo cenno che gli fa Beatrice, l’amore dell’uomo come ombra va a dileguarsi nell’amore di Dio, o per dirla piú propriamente, ella lo ama in Dio.

                                         Cosí orai; e quella sí lontana,
Come parea, sorrise e riguardommi;
Poi si tornò all’eterna fontana.
     

Succede a Beatrice la Vergine, la Donna gentile, che la spedí in soccorso del suo amato. La preghiera che il poeta le indirizza per bocca del suo fedel Bernardo ha ispirato il Petrarca ed a’ nostri giorni Goethe e Manzoni; e bello sarebbe a porre in riscontro quattro lavori intorno allo stesso argomento, differenti di scopo e di concetto. Presso Dante ella è una creazione ondeggiante tra il divino e l’umano; da una parte collocata sopra