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avvivare per questo altro modo il suo subbietto, quantunque assai parcamente. La contemplazione della veritá eterna rapisce i Santi nell’estasi della beatitudine: talché alle ultime loro parole succedono gli osanna ed i cantici, ed il ragionamento s’innalza al suo lirico significato nel celeste concento.

                                         La benedetta immagine, che l’ali
Movea sospinte da tanti consigli,
Roteando cantava, e dicea: Quali
     Son le mie note a te che non le intendi.
Tal è il giudicio eterno a voi mortali.

     Si com’io tacqui, un dolcissimo canto
Risonò per lo cielo; e la mia Donna
Dicea con gli altri: Santo, santo, santo.

     Finito questo, l’alta corte santa
Risonò per le spere un Dio lodiamo,
Nella melòde che lassú si canta.
     

Ma questi pregi sono alcuna volta oscurati dalla natura troppo speciale delle quistioni, nelle quali si avviluppa il poeta, e non di rado dalla ruvida corteccia esteriore delle forme scolastiche, definizioni, sillogismi, distinzioni, citazioni e simili. Al che se si aggiunge la monotonia del dialogo, che par quasi una serie di domande e risposte tra maestro e discente, s’intenderá perché il paradiso torni in generale di difficile intendimento e di poco grata lettura. Dante compose questa cantica uscito di corto dalla universitá di Parigi, e pieno ancora il capo di tesi e di sillogismi. D’altra parte ei si reputa a lode di aver condotta la poesia in questo pelago della scienza e, contento a pochi ed intendenti lettori, esorta gli altri a rimanersi di seguitarlo; di che il Tasso, tanto ammiratore del divino poeta, non può a meno di biasimarlo nella sua lezione su di un sonetto del Casa.

                                         LO voi che siete in piccioletta barca,
Desiderosi d’ascoltar, seguiti
Dietro al mio legno che cantando varca,