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biette; e tra’ piú belli della Commedia sono da annoverare i tre canti, ne’ quali il poeta ragiona con uno de’ suoi antenati. È una scena di famiglia; l’antica semplicitá de’ costumi, messa in maggior rilievo dal contrasto con la corruzione di quel tempo, è descritta per via di particolari, de’ quali alcuni rimangono ne’ termini della personalitá storica, altri si levano all’ideale dell’etá dell’oro e della domestica felicitá, temperati con tanta veritá insieme, che tu vi trovi l’ideale espressione della pittura italiana e la vivace realtá della scuola fiamminga.

La predizione che Cacciaguida gli fa del suo esilio è tanto pietosa, che ben si pare la profonda tristezza del vecchio e stanco poeta, sospiroso indarno della sua bella patria.

                                         Tu lascerai ogni cosa diletta
Piú caramente; e questo è quello strale,
Che l’arco dell’esilio pria saetta.
     Tu proverai si come sa di sale
Lo pane altrui, e com’è duro calle
Lo scendere e ’1 salir per l’altrui scale.
     

Quanta malinconia! e quanto affetto! L’amarezza dell’esilio non è ne’ patimenti materiali, e Dio riserba dolori piú acuti agli animi generosi. Non vedere piú mai quanto sulla terra ci è caro, ed implorare il pane dall’insolente pietá degli estranei, questo strazio di tanti miseri vive qui immortale ne’ versi del piú misero e del piú grande. Ma il virile suo animo si piega, non si fiacca; e tosto lo vedi rilevare la fronte balda e sicura. Nessuno ha sentito tanto altamente della dignitá della sua arte, della quale ei ragiona come magnanimo, senza ira né parte, con calma severitá. Lo scopo morale non è alcun che di sopraggiunto e di appiccato alla sua poesia, ma parte intima di quella, essendo la visione indiritta ad emendamento di Dante, e quindi dell’uomo; né facendo bisogno al poeta di sentenze e di precetti, ma bastando la nuda rappresentazione al conseguimento del fine.

I giovani lettori di Dante fermano con compiacenza lo sguardo sopra questi luoghi del poema sacro, desiderosi che fossero men