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362 appendice

L’Inferno.


L’inferno è il regno del male, la morte dell’anima e il dominio della carne, il caos: in poesia, il sublime negativo. Elementi informi e disformi; abissi piú e piú inabissantisi; rupi scoscese, triste valli; aere senza tempo e muto di luce; una tetra grandezza compiuta col laido e col grottesco; tutto questo, rappresentato con formidabile uniformitá, produce nel generale una impressione tragica e severa. Trasportando la scena di lá da questa vita, Dante è non solo il poeta, ma l’architetto, lo scultore e il pittore del suo universo. Con incredibile audacia di fantasia fecondata dall’amore di un’alta concezione, egli ha saputo congiungere l’obbiettivitá della natura con la trasparenza dell’arte. Onde la qualitá del luogo risponde agli elementi spirituali delle passioni e degli errori: le tenebre della ragione, il profondare ognora piú nel fango e nel lezzo della carne e il male nelle sue due forme, tragica e comica, secondo che nobile e abbietta è l’anima colpevole. Le descrizioni sono sobrie, ma di una compiuta precisione; e l’impressione risulta meno da’ particolari che dal cupo e fosco colorito e dallo stesso movimento imitativo del verso. Ma il concetto sta immobile nell’architettura, né può esservi espresso che di una maniera molto generale. Nelle pene esso traspare in ogni varietá di attitudine, di movenze, e in tutta la pienezza delle sue differenze individuali. Esprimono le pene la passione nel suo cieco impeto, la viltá nella sua oscena bassezza, la colpa nella sua fredda malizia: è la stessa inesorabile coscienza fatta materia. Il poeta non cade in fredde sottigliezze, né cerca puerili, lontani e minuti rapporti tra la colpa e la pena; ma il concetto vi si rivela a gran tratti, e il corporale vi è in tutta la sua evidenza plastica. Opera di una intelligenza profonda, di una cupa e fiera fantasia, che anima la materia, e vi scolpisce su ora l’ironia, ora il dispregio ed ora il sarcasmo: di che rampollano tante invenzioni di pene, non sai se piú mirabili per veritá o per novitá e varietá di concezione Ma il pensiero non è giunto ancora alla sua piena subbiettivitá esso non è ancora anima.