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il genere di poesia della divina commedia 27


dall’entusiasmo del canto e dall’inno fino a ciò che ha di più violento la satira. Questi fatti individuali narrati con tanto affetto, essendo privi di un comun centro, rimangono scene staccate, sicché al lettore par quasi di trovarsi in una vasta galleria di quadri, in cui vede figure sempre nuove e senza alcun legame scambievole, intorno sempre ad uno stesso personaggio, a Dante. Ma ciò che nei quadri voi vedete è il luogo, la pena, lo stato presente di colui che parla, l’attore che narra, non l’attore che fa: l’azione rimane invisibile: è il dramma nella sua prima infanzia, misto di narrazione e di coro, di epica e di lirica, senza ancor niente di proprio, il dramma a racconti, dove l’azione è narrata, non rappresentata: la qual forma propria de’ rozzi inizii del dramma è qui ingenerata dall’intima necessitá della situazione. Bene il poeta ha ingegnosamente introdotto qua e lá parecchie scene veramente drammatiche, brevi fatti che hanno luogo nell’altro mondo, come il caso di Cavalcante, l’incontro di Dante con Beatrice, la beffa che il Navarrese fa ad Alichino, il piato di Sinone e maestro Adamo. Ma in generale ti par quasi di assistere ad uno di quegli atti primi, nei quali avanti che incominci l’azione il protagonista racconta la sua storia ad un suo confidente, mezzo usatissimo nelle tragedie classiche a mostrare gli antecedenti ed i caratteri. Se non che qui il dramma è a rovescio: l’azione è morta, ed il carattere che vi ha dato impulso è solo del dramma ciò che sopravvive e ti sta innanzi con la stessa indomata energia e vivace freschezza che mostrò nell’opera: sicché qui trovi vivo e presente meno una serie di fatti che di caratteri e di passioni: l’anima rimane nella sua intrinsechezza: la vita esteriore in cui il carattere si esprime non l’ha più, l’ha avuta un tempo ed ora non resta che la ricordanza. Cosí della societá e dell’individuo, dell’epopea e del dramma non hai che la semplice base, di su dalla quale è precipitato l’edificio che vi sorgeva un giorno, e di cui rimane ancora un’eco lontana, un lirico: io fui!

Riassumendo, nell’epica non solo l’azione è rappresentata come un fatto, ma nella forma di fatto si manifesta pure il suo elemento costitutivo, cioè a dire i suoi motivi interni: tutto