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il paradiso 305


di troppo materiale. L’elogio che segue di Can Grande della Scala non è certo dettato dalla sola gratitudine del beneficato verso il protettore, ma dall’intenzione di glorificare in lui il capo del partito ghibellino. E quantunque questo intendimento politico sia qualche cosa di ben piú importante che i dolori di un uomo privato, pure non fa lo stesso effetto, perché la poesia qui rimane nel cerchio politico e non s’innalza sul particolare, ma Dante ritorna a se stesso, e la poesia ritorna alla sua prima altezza. Lo stile, dapprima cosí tenero ed affettuoso quando si descrivono i dolori dell’esilio, qui prende una certa magnificenza epica ispirata dalla grandezza dell’animo; è il trionfo della dignitá umana sopra quei bassi calcoli d’interessi perituri che costituiscono ciò che dicesi la prudenza; il trionfo della poesia sulla parte prosaica dell’anima. La quistione è posta da Dante. Io ho veduto cose, dice egli, che s’io ridico,

                                    A molti fia savor di forte agrume;

     Ma s’io sono al ver timido amico,
Temo di perder vita tra coloro
Che questo tempo chiameranno antico.
     

L’animo è cosí preparato alla magnanima risposta di Cacciaguida. Vedete un assoluto disprezzo degli umani riguardi ed interessi; un puro amore della gloria e del vero, Dante solo, povero, armato di una penna, soprastá a tutti i grandi della terra.

Lezione XII

[Altra fonte di poesia: la scienza.]


Abbiamo veduto le forme vanire in una forma sola, la luce; i sentimenti vanire in un sentimento solo, l’amore; e in mezzo a queste due espressioni spirituali del divino penetrare il terreno, il calore umano variare la luce, e la vendetta, lo sdegno, T imprecazione variare quel sentimento. Noi possiamo andare piú

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De Sanctis, Dante.