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il paradiso 293


affetto. Il savio antico può raggiungere il suo ideale anche in terra; l’ideale cristiano è di lá da questa vita. Vedetelo nelle pitture: il santo vi è rappresentato alto da terra, cinto di angeli e di luce, con gli occhi al cielo. E quando giugne in paradiso, il suo scopo è raggiunto con la visione di Dio; e non di meno il desiderio non è placato; piú vede e più desidera di vedere. È il sublime o l’infinito dell’amore, perenne desiderio e perenne appagamento, pace ed ardore:

                                         Quando scendean nel fior di banco in banco,
Porgevan della pace e dell’ardore,
Ch’egli acquistavan, ventilando il fianco.
     

Ora questo sentimento anche negli uomini si mostra sotto la forma spontanea ed irriflessa, nel raggiar della luce, nel gesto, nell’attitudine. Tale è l’affetto di Beatrice, quando aspetta l’apparizione di Cristo, ed il poeta la paragona ad un uccello che aspetta l’alba con ardente affetto:

                                         Come l’augello in tra le amate fronde
Posato al nido de’ suoi dolci nati
La notte che le cose gli nasconde.
     Che per veder gli aspetti desiati,
E per trovar lo cibo onde gli pasca,
In che i gravi labor gli sono aggrati;
     Previene il tempo in su l’aperta frasca,
E con ardente affetto il sole aspetta.
Fiso guardando pur, che l’alba nasca.
     

La bellezza qui nasce dalla delicatezza e veritá degli accessorii espressi per lo piú in un solo epiteto, come «amate fronde», «dolci nati», «posato», «aperta frasca», «pure» ecc.: ma quest’affetto spontaneo è cosí lirico e musicale, che non vi si può sopra edificare un intero poema epico. Rari sono quei luoghi, ne’ quali entrano gli angeli, e piú rari quelli ne’ quali gli uomini si manifestano a quel modo. Ma alla vista ed alle parole di Dante essi parlano e con la parola sorge nel paradiso l’elemento riflesso.