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290 | dai riassunti delle lezioni a zurigo |
E se le fantasie nostre son basse A tanta altezza non è meraviglia .... ogni minor natura È corto ricettacolo a quel Bene, Che non ha fine e sé in sé misura. |
Quindi Dante dee attingere il divino non con la forma ma con la negazione della forma. Le estreme tenebre e l’estrema luce conseguono entrambe lo stesso effetto rubandoci la vista degli oggetti. Nel paradiso è il soverchio della luce, che toglie a Dante la visione. Come il sole che in un cielo sereno si sottrae all’occhio per la troppo viva luce che ne emana; cosí la figura di Cacciaguida per troppa letizia si nasconde entro il suo raggio. Parimente vediamo gli angioli illuminati senza vedere Cristo illuminante, come si vede un prato di fiori illuminato da un raggio, che scappi da una nube fratta senza vedersi il sole. Quanto la figura principale è meno rappresentata, tanto sono espresse con più smaglianti colori le figure accessorie, nelle quali non si acqueta la fantasia, ma spicca di lá. il volo verso quel piú alto ideale che le fugge dinnanzi. Voi vedete turbe di angioli in forma di facella disposte in cerchio, e di lá esce un cantico in lode di Maria; tutti gli altri ripetono questo nome; tutti la lodano, tutti la chiamano, e Maria sta al di sopra in una vaga lontananza, occulta al poeta.
La figura principale è sparita, ma rimangono ancora le figure accessorie. Alla fine anche queste svaniscono e la forma si dilegua come neve al sole o come le foglie lievi della sibilla al vento. La visione sparisce, rimane il sentimento. Con la visione sparisce insieme la poesia, e con la poesia finisce il poema.
All’alta fantasia qui mancò possa. |