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286 dai riassunti delle lezioni a zurigo


forma, fuori della poesia; e non di meno Dante dee darvi una forma se vuole innalzarlo a poesia. Il problema racchiude in sé un assurdo e bisogna incominciare dal rimuoverlo.

Nel paradiso tutto è spirito eccetto Dante che rimane uomo, e quindi il concetto non può rivelarsegli se non sotto forma umana o corporale. Ben egli dapprima prende quelle forme non per semplici «parvenze», ombre del vero, ma per il vero stesso; se non che piú tardi Beatrice lo fa cauto del suo errore:

                                         Cosi parlar conviensi a vostro ingegno,
Perocché solo da sensato apprende
Ciò che fa poscia d’intelletto degno.

     Per questo la Scrittura condescende
A vostra facoltate e piedi e mani
Attribuisce a Dio ed altro intende.
     
Cosi uno spirito veggendolo in questo errore gli dice:
                                         Vostro dire è mortai siccome il viso,
Rispose a me; però qui non si canta
Siccome Beatrice non ha riso.
     

Cosi l’immagine entra in paradiso, e Dante può rappresentare l’infinito corporalmente cioè poeticamente.

Quale sará questa forma? Nell’inferno vi è la forma umana nelle diverse attitudini del peccato e della passione; perciò scolpita, scultoria. Nel purgatorio vi è la forma umana comune, senza spiccate differenze individuali per l’assenza della passione. Nel paradiso la forma dee possibilmente rendere l’infinito; quindi dev’essere una forma semplice elementare evanescente. La forma si risolve nella pura luce, che fin da’ primi tempi è stata sempre l’immagine dello spirito. Cosi nelle lingue tutto ciò che è spirituale si trova rappresentato con immagini tolte dalla luce. Nel paradiso gli oggetti perdono la loro individualitá, avviluppati di luce. Niente distingue l’un pianeta dall’altro; niente l’un uomo dall’altro; tutte le differenze qualitative sono