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il paradiso 285


uomo che si sente al di sopra della gente volgare, quando rivolgendosi ai lettori comuni li esorta a lasciarlo; ché ora egli si mette in pelago, e potrebbero seguitandolo rimanere smarriti. Nelle altre due cantiche, si è indirizzato alla musa; e qui invoca Apollo stesso; e se riesce a manifestare l’ombra del regno celeste segnata nel suo capo, incoronerá se stesso di alloro, di cui l’avrá fatto degno la materia e la poesia.

Credendo Dante che la materia del paradiso sia la piú sublime delle poesie, e che egli il primo la tentava, non avea torto in tutto. Il suo paradiso è una poesia originale e vera. Originale, perché il paradiso antico, l’Eliso, non lia una compiuta esistenza poetica e rimane nel circolo della materia; vera perché il nuovo concetto che anima il paradiso cristiano corrisponde a quel bisogno d’indeterminato che è nello spirito umano e che si traduce in quelle forme vaporose evanescenti, che ci appariscono quando siamo o nuovi o stanchi della realtá. Ma Dante non vide che appunto per questo non avea una materia sufficientemente epica; poiché il concetto del paradiso è il progressivo svanire della forma, e la forma è il sostanziale della poesia. In che modo ha potuto Dante domare quella materia ribelle, e cavarne una forma epica?

Lezione II

[Soluzione del problema: la luce.]


Il concetto del paradiso è il divino, lo spirito puro, un di lá dell’immaginazione della poesia e dell’uomo, un trasumanare. Ma l’uomo vede tutto attraverso il corpo, sensatamente, e dapprima prende quel corpo come l’idea stessa, come Narciso che prese la sua immagine per corpo. Di qui la freschezza e la potenza di poesia ne’ tempi barbari, e la ricchezza dell’Olimpo antico, dove ciascun dio ha la sua faccia i suoi attributi la sua personalitá. Tutto questo sparisce nel paradiso cristiano, dove il concetto sta spogliato di forma, anzi in opposizione con la