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il purgatorio 275


anime. Cosi entrando nel purgatorio, intuonano il salmo: «In exitu Israel de Aegipto», cantato dagli Ebrei quando uscirono dalla servitú di Faraone. Ed ora cantano il «Te Deum», ora il «Salve regina», ora il «Miserere»; e quando un’anima va in paradiso, s’intuona il «Gloria in excelsis Deo!». Un solo di questi canti è tradotto in italiano, il «Pater noster». Il poeta dunque s’indirizza a certi tempi ne’ quali si conosca il sentimento espresso dal salmo in tutto il suo sviluppo. Ma la poesia dee esprimere con pienezza il sentimento; e questa povertá subbiettiva dá al purgatorio un non so che di arido e di secco. Il poeta supplisce a questo difetto col mezzo delle forme, rappresentando nelle attitudini esteriori l’interno. Tale è quell’anima, che sta con le palme levate, e con gli occhi verso l’Oriente, come dicesse a Dio: «d’altro non calme». Le stesse attitudini troviamo ne’ gruppi, come nel canto III. L’autore che paragona il cascare de’ dannati nella barca di Caronte alla caduta delle foghe in autunno, immagine funebre della morte delle umane cose; paragona le anime che entrano in purgatorio a pecorelle semplici e quiete, e la loro faccia pudica ed il passo onesto testimonia l’interna quietudine. Questi due termini li troveremo ancora nella natura. Il purgatorio esce dall’inferno, ma in una forma opposta andandosi sempre piú allargando, siccome i peccati sono sempre piú lievi, di modo che la lussuria, il primo peccato dell’inferno, è l’ultimo del purgatorio. Questa montagna è un misto di orrido e di ameno. Cosi dopo che il poeta ci ha presentato una lacca rotta ed un sentiero sghembo (canto VII) ci conduce in un seno, dove le anime cantano il «Salve regina», e dove con tanta freschezza e sentimento è descritto lo splendore dell’erbe e de’ fiori e la soavitá degli odori. Né meno sentita è l’impressione del poeta alla prima vista del sole, ed all’alba nascente, che gli fa veder di lontano il tremolare della marina (canto I). Con questo alternare si procede, in sino a che cessa il purgatorio, e l’anime bevendo nel Lete dimenticano il passato, bevendo nell’Eunoè acquistano la forza della virtú. Quindi l’anima ritorna nel primitivo stato d’innocenza; il che ha condotto Dante a collocare sulla cima del purgatorio