Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/278

272 dai riassunti delle lezioni a zurigo

Lezione VII

[Carattere del passato e del pentimento nelle anime purganti.]


Le passioni sono finora fuori delle anime, nelle quali non ci è che una semplice ripercussione di quelle. Si riflettono in loro e n’escon fuori sotto la forma d’impressioni. Ma le anime non sono semplici spettatori; sono anche attori; e perciò dopo di aver esaminato quello che esse veggono, bisogna esaminare ora quello che esse sono.

La base de’ caratteri dee esser sempre la realtá. Ora nella realtá non si trovano uomini di un pezzo, una specie di linea dritta, nella quale non si trova che sempre lo stesso punto; ma un misto di bene e di male, di qualitá diverse e talora opposte. Le anime di Dante non sono quindi concezioni artificiali ed astratte, ma veri uomini, quantunque in un mondo soprannaturale: la poesia, diventando divina, non cessa di essere umana. Trovi in esse qualitá comuni che costituiscono l’elemento divino e qualitá proprie che costituiscono l’elemento terreno.

L’elemento terreno nell’inferno non è solo un passato ma un presente: i peccatori conservano ancora le passioni che ebbero in vita. Queste passioni sono spente nelle anime purganti, e perciò rimangono una semplice ricordanza. Non hai dunque che il semplice fatto, il quale ritorna alla memoria scompagnato dalle passioni, che lo fecero nascere. Ecco in che modo Jacopo del Cassero (canto V) parla del suo uccisore:

                                    Quel da Este il fe’ far, che m’avea in ira,
Forse piú in lá che dritto non volea.
     

Non è il linguaggio di un offeso ma di un giudice che definisce il fatto con tranquilla imparzialitá. La poesia di questo racconto è tutta nella descrizione del fatto, come in questa terzina dove il vigore è uguale all’evidenza: