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è calato nella fantasia, ed è uscito di lá non trasformato, non fatto altra cosa. Vuol dire che la fantasia si è contentata di scegliere una immagine e di porgliela a lato per illustrarlo; ma non ha avuto la forza di trasformare lui, di rendere lui un’immagine, lo ha ornato, non lo ha trasformato. E qui è l’abisso che separa i poeti coloristi da’ poeti creatori. I primi tanto pompeggiano piú di metafore e d’immagini, quanto si sentono meno atti a creare: testimonio il Seicento, che è il secolo metaforico per eccellenza, e che non ci ha dato alcuna creazione. Per contrario, che cosa sono la Rachele, la Matilde, la Beatrice, che cosa il Manfredi di Byron, la Margherita e l’Elena di Goethe? che cosa Silvia e Aspasia e Saffo e Bruto e Consalvo, se non pensieri filosofici trasformati e fatti forme d’ossa e di polpa? Prendiamo la seconda quistione. Si tratta della umana libertá. Ecco il pensiero. L’anima nel principio della vita è dominata dal senso: allettata da’ piaceri, vi si abbandona e travia. Or Dante non esprime il pensiero in questa forma, e poi gli aggiugne un’immagine per adornarlo. Innanzi alla sua fantasia l’anima prima di esser nel corpo diventa una bella fanciulla nelle mani di Dio, che rapito vagheggia la sua creatura, piacente, ridente, folleggiante. Quando scende nel corpo, ella conserva questa letizia, questa festa di paradiso; e nuova della vita, inscia del bene e del male, memore delle gioie celesti, vaga di sollazzarsi, si abbandona al primo piacere che incontra e vi corre dietro. La Psiche de’ Greci non ha piú freschezza, né piú realtá di questa divina fanciulla di Dante. Qui non ci è il pensiero e poi un’immagine a lui straniera, ma il pensiero divenuto fanciulla.

Tali sono i lineamenti della prima poesia del Purgatorio, descrittivo-didascalica; ma un poema non può riposare sopra questi soli elementi; non può esser composto di spettatori. Ci è bisogno di attori. La considerazione del male genera nelle anime il pentimento; la considerazione del bene introduce in loro il paradiso, cioè pace, amore, virtú. Le anime acquistano dunque alcune qualitá speciali, che si manifestano nell’azione. Non sono solo spettatrici, ma attrici; la poesia diventa drammatico-lirica.