Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/270

264 secondo corso tenuto a torino: lez. xii


riproduce e lo ricaccia al di fuori, perché lo vediamo uscire di lá tutto trasfigurato e illuminato? Perché la fantasia non può ricevere in sé il pensiero come pensiero; mondo d’immagini, ella non sa concepire che l’immagine. Un filosofo si affaticava [a descrivere] ad un cieco nato il color rosso come il piú forte ed il piú vivace de’ colori. — Hai capito? — gli disse da ultimo; e quegli con un’aria di capacitá: — Certamente, rispose: il color rosso dee essere qualche cosa come il suono della tromba. — Il cieco giudica la vista per mezzo dell’udito; la fantasia giudica il pensiero per mezzo dell’immagine. In questo Dante è onnipotente: la storia del feto passata per la sua fantasia ne esce fuori tutta rilucente d’immagini. Dee egli dire come l’anima spirata da Dio nel feto si fonde cogli umori vitali? E la fantasia gli presenta il calore del sole che si fa vino, congiunto all’umore che cola dalla vite. Dee egli dire come le anime danno all’aria una figura conforme alle loro sensazioni? E la fantasia gli presenta l’aria gravida di particelle acquee che prendono questo o quel colore secondo il raggio che riflettono in sé. Dee egli dire come quella figura si muta secondo che si mutano le sensazioni? E la fantasia gli presenta la fiammella che segue l’indirizzo del fuoco in tutto il suo movimento. Ma ciò non basta; noi siamo ancora nelle basse regioni della poesia. Se fosse altrimenti, se questo fosse poesia schietta, perché il lettore senza un grande indugio di volontá non si sforza a leggere questa parte didascalica? Che cosa vi è qui dunque che stanca il lettore, che resiste a Dante e che riman prosa? Vi è che Dante ha vestito ed ha abbigliato il pensiero, ma sotto quegli ornamenti il pensiero rimane pensiero, la scienza rimane scienza, vi rimane un elemento filosofico indistruttibile che turba il nostro godimento estetico, che invita a leggere chi vuol studiare filosofía, non chi vuol godere una poesia. Bello quel calore del sole che si fa vino, ma dirimpetto vi sta l’anima vegetativa e sensitiva e razionale. Bello quel fuoco che si leva in altura, ma dirimpetto vi sta la spiegazione d’un fenomeno morale, il desiderio che sale e sale, finché la cosa amata il faccia ire. E che vuol dire questo? Vuol dire che il pensiero è uscito dall’intelligenza,