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esempio di virtù 257


è giá proprio quello che ha figurato lo scultore; ma un corpo fantastico piú o meno rassomigliante a quello: perché il poeta non è il critico e l’interprete dello scultore, che ci dia una notizia esatta della statua; ma un artista che prende il lavoro nello stato che lo ha lasciato l’artista suo compagno, e dotato di piú possente istrumento lo conduce ancora piú alto: all’ideale della scultura aggiunge l’ideale della poesia. Cosi lo scultore divino sul marmo del purgatorio rappresenta l’Annunziazione, scolpendo le figure dell’angelo e di Maria. Che fará Dante? Riprodurrá le due figure? Non un tratto solo, che accenni a questa intenzione. La fantasia poetica, stimolata dalle» due immagini egregiamente scolpite, segue a lavorar di sopra, e quel marmo innanzi a lei si fa mobile e tiepido, e quella bocca si schiude alla parola. La poesia rappresenta l’espressione che esce dalla figura, non la figura: guardate l’intaglio e quella figura vi sta netta innanzi; leggete la poesia, e quella figura vi fluttua innanzi come un’ombra; perché nella scultura la figura è l’espresso che s’offre al senso, e nella poesia è il sottinteso che s’offre all’immaginazione. Cosi nell’intaglio di Davide vede il poeta gran folla intorno all’arca che canta e incensa; e la fantasia spronata dalle attitudini vivaci vede quelle bocche cantare, quantunque l’orecchio non oda, e vede quell’incenso fumare, quantunque il naso non senta odore. Cosi nell’intaglio di Traiano le aquile intessute in oro che sovrastanno al capo imperiale appariscono alla fantasia agitate dal vento, mobili e svolazzanti. Ma ciò non basta. Non che la poesia aggiunga alla statua il movimento e la vita intrinseca; dee addentrarsi nell’anima e sorprendere i suoi secreti. Non basta che l’angiolo sembri che parli; ma il suo atteggiamento ò tale, che se ne può argomentare il significato delle parole; e Maria è in tale attitudine d’umiltá che nel suo atto si veggono impresse le sue parole, come figura nella cera. Con non minor maestria è rappresentato il sentimento che spinge Davide a trescare innanzi all’arca. Lo scultore vi rappresenta un uomo che balla. Il poeta dá a quell’atto il significato e il sentimento:

                                    E piú e men che re era in quel caso.      
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De Sanctis, Dante.