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248 | secondo corso tenuto a torino: lez. x |
ed il peccato quale è. Fu glorioso e possente; ne’ bassorilievi del purgatorio è rappresentato in rovina ed in cenere.
Vedea colui, che fu nobil creato [Piu ch’altra creatura, giu dal cielo Folgoreggiando scendere da un lato.] |
Le anime veggono Lucifero scender precipite dal cielo, e ricorrono col pensiero al Lucifero d’un tempo, la piú nobile creatura del mondo.
Vedea Nembrot [appiè del gran lavoro Quasi smarrito, e riguardar le genti Che in Sennaár con lui superbi foro.] |
Le anime veggono Nembrotte, smarrito tra smarriti, e lo ricordano in Sennaar cosí superbo.
Vedea Troia [in cenere e in caverne.] |
L’anima a tanta bassezza corre con la mente all’antica grandezza di Troia, e l’istantaneo paragone le pone in bocca una subita esclamazione. Avete qui dunque due termini, il passato ed il presente congiunti nella ricordanza; due momenti che escono fuori sotto l’aspetto di pensieri in contrasto piú che d’immagini; l’impressione uccide la descrizione. Prendiamo questo ultimo esempio:
Vedea Troia [in cenere e in caverne.] |
La vista di quel cenere e di quelle caverne produce una cosí subita impressione sull’anima, che prorompe in una esclamazione di meraviglia: la visione rimane strozzata. Dice Dante:
Morti li morti [e i vivi parean vivi.] |
Fatto sta che quantunque dica di veder cosí bene, egli ci nasconde quello che vede per la troppa fretta che ha di mostrarci quello che sente; e chi di voi mi dirá che cosa è quel