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catone e belacqua 24i


ella desta il medesimo riso, che suole prenunziare la caduta delle istituzioni sociali ridotte a vacua forma, ad una falsa abitudine, dalla quale si è ritirato ogni significato; come il terribile riso di Luciano, accompagnamento funebre del paganesimo morente. E questo medesimo riso desta qui l’uomo, che giunto di corto in purgatorio, con abitudini peccaminose ancor fresche, non le sa scuoter da sé per una poltroneria d’anima, per una fiacchezza di volontá, che è sempre comica: concetto che il poeta ha individuato in Belacqua, il re de’ poltroni. E qui non posso non ricordare i negligenti dell’inferno, «che mai non fur vivi», per misurare tutto il terreno che ha perduto la carne. La negligenza in questi è codardia d’anima, che abbassa tutto l’uomo e che move sdegno e disprezzo; nel povero Belacqua è un’abituale poltroneria, il peccato fatto meccanico ed esterno. La concezione lí è tragica, e qui è comica: lí è il peccato in tutto il sublime della sua serietá; la carne in tutta la sua possanza; qui è la carne nell’ultimo avanzo del suo impero, la carne evanescente innanzi alla porta del purgatorio, e che morrá, quando si sará passata quella porta. Questa gradazione delicatissima non è sfuggita all’occhio di Dante; e mirabile è la rappresentazione che egli ne fa in Belacqua. Il vizio, operando nell’uomo, produce certe attitudini nel corpo ed un certo modo di sentire nell’animo, che costituiscono la sua manifestazione; ed avremo vera manifestazione del vizio e diretta, quando il poeta, fine osservatore, mi sa cogliere quelle attitudini e quel modo di sentire e riprodurlo senza aggiungervi osservazioni, rapporti, contrasti ed altri mezzi indiretti ed obliqui, che costituiscono un genere di rappresentazione inferiore e posteriore. Che cosa dee dunque qui fare il poeta? Dee porre Belacqua in tale situazione, che egli sia costretto a manifestarsi in quelle attitudini e in quel modo di sentire, che è proprio del poltrone, e dopo obbliarsi e lasciarlo fare. Vi sono certi casi della vita, che cacciano l’uomo dalla sua inerzia e lo sospingono all’opera; il poeta dee immaginare uno di questi casi, per vedere in che modo se la sa cavare Belacqua. La montagna del purgatorio è nel principio faticosíssima a salire; pur Dante, spronato da Virgilio, vi

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De Sanctis, Dante.