Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/246

240 secondo corso tenuto a torino: lez. ix


invisibile non potrá piú essere appresa dalla fantasia, in quel giorno il poeta esclamerá:

                                    All’alta fantasia qui mancò possa;      

e la poesia finirá e calerá il sipario.

Il purgatorio è dunque non la distruzione, ma la trasfigurazione dell’umano iniziata; è il Cristo trasfigurato sul monte Tabor, in cui giá splende il Dio senza che egli cessi di essere uomo; è un momento di mezzo che non è piú pura carne, e non è ancora puro spirito, e tiene dell’uno e dell’altro. E cominciando dalla carne, che cosa diventa nel purgatorio? Nell’inferno la carne è il sostanziale, è di fine a se stessa, è essa la concezione, essendo l’inferno il regno della carne o delle passioni; e tiene sotto la sua signoria tutta l’anima, l’intelligenza, l’immaginativa, la volontá. Nel purgatorio la carne non è piú il tutto, ma un momento della concezione, e non tiene sotto di sé lo spirito, ma dirimpetto a sé, come suo avversario, e suo giudice e suo futuro vincitore, innanzi al quale si va dissolvendo. E dapprima ella serba una parte del suo antico potere; e rimane nell’anima come una vecchia abitudine, da cui non si sa ancora sprigionare. Rammenterete il Padre Cristoforo, in cui sono due uomini; e l’uomo antico iroso e violento si affaccia talora d’improvviso e la fronte si corruga e gli occhi lampeggiano. Questa concezione è seria, perché la volontá del Padre Cristoforo è forte, e se non può impedire che l’uomo antico si affacci e recalcitri, sa immediatamente domarlo, come si farebbe di un cavallo indocile. Ma in Dante la concezione è comica. L’anima purgante giunta di fresco in purgatorio e rimasa al di qúa della porta non sa ancora spiccarsi di dosso le abitudini del peccato, il quale però non signoreggia tutte le sue facoltá: l’intelligenza lo riprova lo condanna; ma perché la sua volontá non è ancora fortificata dalle prove del purgatorio, ella fa quello che condanna, perché non sa resistere ancora alle sue abitudini. La carne, divenuta un’abitudine involontaria e meccanica, che non ha piú forza di turbare e viziare l’anima, è giá tanto scaduta d’impero, che