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238 secondo corso tenuto a torino: lez. ix


che ci abbiano tramandato gli antichi. L’ammirazione di Dante per Catone si ritrae dal Convito, nel quale lo chiama «la piú perfetta immagine di Dio in terra». E chi di noi, quando abbandonati agli studii storici ci vedevamo passare dinanzi come in rassegna tutti gli eroi di Plutarco, chi di noi non ha sentita la sua parte di questo entusiasmo dantesco per Catone, per quella «nobilissima anima», come Dante altrove lo chiama? Ma in Dante, quando si vale della mitologia e della storia antica, è a distinguere un doppio scopo. Quando si propone di rappresentare la mitologia o la storia come fatto, non mira che ad idealizzare, secondo poeta, la personalitá storica, riproducendo Ulisse o Capaneo non altrimenti che Farinata o Pier delle Vigne. Quando si propone di far servire le forme mitologiche e storiche a segni delle sue idee, quelle forme allora egli le cala nel bronzo e le fonde, e da quel fermento esce fuori una creatura nella quale risplende il nuovo senza che vi sia cancellato l’antico. Questo vedemmo in tutte le figure demoniache dell’inferno; questo vediamo ora in Catone. Nel quale vi è il savio antico, e qualche altra cosa ancora: il savio cristianizzato, sulla cui fronte il poeta ha versato l’acqua battesimale della nuova religione. Vediamo in effetti il suo aspetto e il suo portamento. Vi sono certe fisonomie che comandano il rispetto prima ancora che si conosca la persona: tale è la calma e la gravitá d’una decorosa vecchiezza a lunga barba, ideale dell’antico filosofo, secondo che ce lo rappresentano i pittori. In Catone vi è gravitá, che non ha niente di severo, una gravitá amabile, che incoraggisce, che ispira la confidenza; e felicissima è l’immagine colla quale il poeta esprime l’impressione che quella vista produce sull’anima, riverenza si, ma una riverenza affettuosa, la riverenza di un figlio verso il vecchio suo padre. Vi è dunque in quell’aspetto il savio antico, ma qualche altra cosa ancora; vi è il paradiso, la grazia illuminante, le quattro mistiche stelle del purgatorio, che comunicano splendore e vita alla calma de’ suoi lineamenti, e lo fanno parere un sole.

A quell’ideale d’antica saggezza noi ci sentiamo riverenti;