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224 secondo corso tenuto a torino: lez. vii


È un libro sazievole e monotono, e doveva essere. Tolto alla vita esterna, al prigioniero non rimane che se stesso, sempre quelle rimembranze, ciascun giorno, ciascuna ora simile all’altra; è la noia che consuma lentamente il prigioniero; e s’egli è condannato a morir di noia, non è ragione perché vi debba esser condannato anche il lettore. Tutta la vita del prigioniero, i mesi o gli anni che per gli uomini distratti nel mondo volano come ore, e per lui sono secoli contati minuto per minuto, il poeta dee rappresentarmela in ima pagina, in una scena: Dante me la rappresenta in un sogno. Ugolino è chiuso in un carcere, a cui viene pallida luce da un breve foro, al quale sta affísso; ed il suo orologio è la luna, dalla quale egli conta i mesi della sua prigionia. Quell’angustia di carcere paragonato ad una «muda», quel piccolo «pertugio», attraverso al quale vede la luna e la luce, e le ore del tempo contate sono tutto il romanzo del prigioniero nella sua parte materiale. E per rispetto all’anima? Due sono i sentimenti che nutrono l’anima solitaria di Ugolino: l’incertezza del suo destino e la rabbia contro i suoi nemici. Ciò che strazia piú il prigioniero è il dubbio, e la fantasia esagitata da’ patimenti e dalla solitudine si abbandona a’ piú assurdi timori. Ugolino non sa di dover morire, e teme di dover morire: l’idea della morte non può cacciarla da sé, e quello: «del futuro mi squarciò il velame» vi fa indovinare la sua passata ansietá, i diuturni combattimenti del prigioniero tra la speranza e la disperazione. Con l’idea della morte si congiunge l’immagine sempre presente de’ suoi nemici, come anelanti alla sua morte, a quella de’ suoi figliuoli.

Queste sono le sue veglie; questi i suoi sogni. Nel sogno il reale è misto col fantastico: ben gli appariscono i suoi nemici, ma in atto di dar caccia a un lupo e a’ lupicini: l’occhio vede animali, ma l’anima sente confusamente che si tratta di sé e de’ suoi figli; e quel lupo e quei lupicini si trasformano con vocabolo umano in «padre e figli». L’uomo in sogno quando immagina d’esser perseguito e vuol correre, come sta immobile in letto, gli pare che le gambe sieno indolenzite e tarde al correre.