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francesca da rimini | i39 |
nell’amore è realtá quello che altrove è simulato: nel solo amore tu trovi un simile a te, un te stesso in un altro, un essere che ti comprende e ti risponde, un pensiero eco de’ tuoi pensieri; e però quello che giace in fondo a tutte le poesie è l’amore. L’amore ha anche nella poesia la sua storia: prima passionato e rozzo, a poco a poco si fa gentile e si compiace delle belle forme, e poi s’inebria di voluttá, e poi va sfumando nel manierato, nel galante, nel convenzionale, e la freschezza del primo
linguaggio diviene un dizionario di moda. Dicono che Amore nudo in Grecia e nudo in Roma sia stato dalla poesia moderna ricoverto d’un velo candidissimo: in veritá che questo velo fu troppo denso ne’ primordii della nostra poesia: non di rado convenzionale e fattizio: spesso allegorico e metafisico. Di tanti sonetti amorosi non uno che parli al cuore: in luogo di rappresentare l’amore si disserta sull’amore. E lo stesso gentil Cino da Pistoia ha potuto dirozzare alquanto ma non colorare la nostra lingua; e sembra che la bella Selvaggia, della quale erasi invaghito, abbia avuto virtú d’illeggiadrire il suo spirito non d’infiammare il suo cuore.
Dante dovè sottostare a questo andazzo; e parecchi suoi sonetti ci ha, ne’ quali l’astruseria allegorica e platonica guasta la poesia: di che può far fede il noto sonetto che comincia:
Amore e cor gentil sono una cosa. Dante sará poeta, quando dirá: Amor che a cor gentil ratto s’apprende, |