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i26 primo corso tenuto a torino: lez xviii


pel disgustoso. Un uomo ferito è spettacolo di pietá e di dolore; ma la pietá cede al disgusto se voi togliete a descrivere la ferita; se voi, p. es., mi rappresentate, come fa Dante, un uomo con le minugia e la corata pendenti; un altro col naso mozzo infino a’ cigli ed una sola orecchia; un altro con le mani mozze ed i moncherini levati che insozzano la faccia di sangue. Qui il tutto cede alle parti, e l’orrore al disgusto. Pure il comico ed il disgustoso esprimono ancora la vita, e contengono gli ultimi momenti dell’arte. Giú nel pozzo ogni segno esterno di vita sparisce; voi udirete ancora battere i denti in nota di cicogna, e sonar le mascelle; insino a che la freddura occupa tutte le membra ed irrigidisce fino la lacrima. Il gruppo stesso sparisce; poiché invece d’individui uniti ma distinti avete innanzi una sola massa di materia agghiacciata, non sai se ghiaccio o uomo.

Donde abbiamo cominciato, dove siamo riusciti? Noi siamo partiti da una moltitudine d’uomini convenuti d’ogni paese, pieni di vita, che non sanno rassegnarsi alla loro sorte, che fremono, bestemmiano ed imprecano. E noi siamo riusciti in uomini pietrificati ed istupiditi dal freddo:

                                    E trasparean come festuche in vetro.                

Immaginate una piramide. Nella larghissima base vedete la natura infernale con i suoi bassorilievi, co’ suoi compartimenti, con le sue pene effigiate. Piú su vedete spuntare la piú bassa incarnazione dello spirito, il demonio, figura bestiale in faccia umana, bestia talora del tutto, mai del tutto uomo. Piú su vi si affacciano moltitudini diversamente atteggiate, esprimenti diversi affetti. Che mondo è codesto? Niuna orma della terra in cui abitiamo. Voi avete innanzi un altro mondo non allegorico, seriamente pensato e seriamente eseguito. Egli è da questo triplice fondo che si eleva in alto e si pone sulla cima della piramide l’individuo libero; egli è di mezzo a questa folla confusa che escono i grandi uomini dell’inferno o piú tosto della terra; egli è da questa triplice base della eternitá, che esce fuori il tempo e la storia e l’Italia, e piú che altri Dante come uomo e come cittadino.