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la natura nell’inferno i07


                                    L’acqua era buia assai piú che persa.

Cosi giú veggio, e niente affiguro.
               

E qual è la configurazione de’ primi cerchi? Nessuna: l’annullamento della figura, l’indeterminato; il sublime esclude ogni determinazione. Fiat lux, et lux facta est. Aggiungetevi un particolare, e il sublime è distrutto. Nessun carattere che distingua l’un cerchio dall’altro, salvo che è eterno e tenebroso. E se un pittore domandasse a Dante un tratto, un tratto solo, che guidasse il suo pennello. Dante risponderebbe ancora: — «eterno e tenebroso». — Cosi, come pone piede nell’inferno, che cosa è l’inferno per lui? «Secrete cose», «tenebre», ed il resto nuota nell’indefinito. E che cosa è il primo cerchio? «Primo cerchio». Ed il secondo? «Luogo». Ed il terzo? «Terzo cerchio», ecc.

Nell’immobilitá della natura il concetto non ha né figura né successione; nelle pene acquista giá una maggiore chiarezza. Le pene sono come le suppellettili di edificio, che ne mostrano l’uso. Ergete un palco in mezzo a una piazza, e voi potete dire: — Ecco la piazza infame. — Qual è il fondo estetico delle pene in questi cerchi? La violenza del movimento, della natura e dell’uomo: sono le passioni nella loro violenza; è la natura nell’esercizio violento delle sue forze. Cosi Dante prende dalla natura ciò che è di piú sublime ne’ suoi moti violenti, una tempesta, un rovescio di grandine; e gli avari ed i prodighi cozzano gli uni contro gli altri, e gl’iracondi sono dalla stessa loro passione costretti ad usar forza in se stessi con quei piú incomposti moti, onde la passione si rende visibile sulla persona umana. Tutti questi elementi, il tenebroso, l’illimitato, il violento. Dante ha congiunto insieme ne’ noti versi:

                                         Io venni in loco d’ogni luce muto,
Che mugghia come fa mar per tempesta,
Se da contrari venti è combattuto.