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Lezione XVI

[LA NATURA NELL’INFERNO]


Vi ho esposto il concetto dell’inferno, la depravazione dell’anima; indi ve l’ho distinto ne’ suoi singolari momenti, la progressiva depravazione dell’anima, moralmente il successivo incattivire dello spirito infino alla compiuta malvagitá; esteticamente il successivo bruttarsi dell’anima infino alla compiuta bruttezza. Cosi tra i due estremi, tra i negligenti e Lucifero, vi ho mostrato un lunghissimo spazio di mezzo, che è la storia dello spirito colpevole da quello che egli ha in sé di nobile infino all’ultima e prosaica bassezza. E dico «nobile», quando lo spirito è libero, volente e possente e quando anche nel male, anche nell’inferno mostra tutta la ricchezza delle sue forze interiori, un sentimento elevato sino a passione, una volontá sublimata insino a carattere. E dico «basso», quando il di dentro è fiacco, quando la passione diviene vizio ed il carattere sfacciatezza, quando alla tragedia succede il comico, il satirico ed il prosaico. In effetti da Francesca da Rimini a Capaneo non trovate un solo tratto comico: tutto vi è grande. E voi vedete comparirvi davanti ora Dio, o la legge morale nella sua infinitá, ora l’uomo nella violenza della passione e nella energia del carattere. Ma quando si pone il piede in Malebolge, la commedia ci si dispiega dinanzi in tutte le sue gradazioni, dal faceto, dal malizioso, dall’ironico fino all’ultima lordura ed oscenitá. E perché tal differenza? Perché in quei tempi di rigoglio e sovrabbondanza di vita Dante stima gl’incontinenti ed i violenti come quelli, le