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i00 primo corso tenuto a torino: lez xv


ragione, messa di rincontro alla passione, costituisce quella collisione che è il fondamento della situazione tragica. Nel cerchio della vita né l’individuo si mantiene nella sua altezza infinita, né il fato nella sua possanza divina, scambiandosi spesso col caso e divenendo espressione collettiva di tutti gli ostacoli naturali ed umani, ne’ quali intoppa la volontá del protagonista. Ma nell’inferno l’anima, isolata dal fatto giá sparito, è pura passione e puro carattere, rimasta in quella regione dove è inviolabile, ed il fato è Dio come eterna giustizia e legge morale: quindi la lotta è in tutte le sue colossali proporzioni, e Dante si mantiene a questa altezza, ora mostrandoci l’uomo in ciò che ha d’infinito, come in Francesca da Rimini, Pier delle Vigne ecc.; ora mostrandoci il fato in quello che ha di divino, come in Ciacco, negli avari, ecc. Questa grandezza si rivela nella sua tragica essenza in Capaneo, nel quale però lo spirito è giá disceso d’un grado dal suo piedistallo. Ivi abbiamo due estremi: Giove e Capaneo; Giove che fa degli sforzi successivi per domare una superbia che rimane sempre immutabile. Giove è troppo piccolo per Capaneo, che lo esagera, lo amplifica, e lui ingrandito pone di rincontro ad un semplice «me». Capaneo, quando ha detto di se stesso «me», ha creduto di aver detto tutto. Capaneo è posto tra i violenti e non è che un bestemmiatore, forza fisica, e quando è vinto in questa è vinto in tutto. Quindi le sue parole non esprimono verace grandezza, ma dispetto e rabbia, il veleno che dentro lo rode, la coscienza d’esser vinto, anzi di non poter vincere. Onde il suo giacere «dispettoso e torto» ed il suo fare avventato, che sente di millanteria, e gl’insulti e l’amarezza del suo sarcasmo. Il suo orgoglio è stato mortalmente ferito, e Giove non ha solo percosso il suo corpo, ma ha colpito ancora la sua anima.

In Malebolge entriamo in piena commedia: le grandi figure demoniache della mitologia spariscono, e vi succedono i demòni cornuti con le sfere e le scuriade. Nella commedia gli attori prendono maschere e con i loro gesti fanno la caricatura della faccia umana. Qui la faccia umana, rimasta finora intatta, comincia a trasformarsi, come ne’ simoniaci, negl’ipocriti, negli