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i52 la poesia cavalleresca

Non solo questa galleria ci ributta per la confusione, ma per la mancanza di grandi uomini.

Ecco come parla di Bembo:

Bembo, che ’l puro e dolce idioma nostro,
Levato fuor del volgare uso tetro.
Qual esser dee, ci ha col suo esempio mostro.

Si vede uno scolare che ammira il maestro.

Ma passi Bembo. Parlando di un altro:

E quegli che ci guida ai rivi Ascrei
Mostra piano e piú breve altro cammino,
Giulio Camillo...
Chi conosce Giulio Camillo? Fu un pedante, e l’Ariosto pretende che gli abbia insegnato poesia. Non v’è che un sol movimento poetico. Viveva in quei tempi Sannazaro, che godeva fama immensa. Un barbaro tedesco fece un viaggio a Roma per vedere il volto di Tito Livio. Ariosto desidera parimente di vedere Sannazaro e lo riconosce sul lido
E quel che di veder tanto desio,
Iacobo Sannazar, ch’alle Camene
Lasciar fa i monti, ed abitar l’arene.
Per farvi gustare questa poesia, vi ricorderò il limbo di Dante, che è un Pantheon di tutti gli antichi, che son tanto grandi, appena nominati, ci fanno fremere: «Cesare armato con gli occhi grifagni»; «il Maestro di color che sanno»; «il signor dell’altissimo canto. Che sopra tutti come aquila vola». È il mondo moderno ancor piccolo, inginocchiato innanzi agli antichi. L’Ariosto avrebbe dovuto guardare meno ai contemporanei: doveva farsi accogliere dai grandi uomini, e non da tante bestie!