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v. l’«orlando furioso» i29

Ecco come rappresenta Ippolito d’Este:

     Quegli ornamenti, che divisi in molti
A molti basterian per tutti ornarli.
In suo ornamento avrá tutti raccolti
Costui, di c’hai voluto ch’io ti parli.
Le virtudi per lui, per lui sofiolti
Saran gli studi; e s’io vorrò narrar li
Alti suoi merti, al fin son si lontano,
Ch’Orlando il senno aspetterebbe invano.

Generalità, fra le quali scorgi una certa finezza d’ironia, sfuggita senza dubbio all’alto ingegno del cardinale Ippolito. Ora il comico si sviluppa.

Quando mi dite che nella Luna si trova il perduto in terra, il soggetto comico è bell’e preparato; ma, parlando delle vite che vi si fabbricano, no; e bisogna che lo cerchiate. Vi ricordate, in Dante, di san Pietro che impallidisce e fa impallidire il Paradiso, indegnandosi col suo successore? Nelle parole del santo trovate tutto il misto di passioni che ribollivano in petto Dante:

               Se io mi trascoloro,
Non ti maravigliar; ché, dicend’io,
Vedrai trascolorar tutti costoro.
     Quegli ch’usurpa in terra il loco mio.
Il loco mio, il loco mio che vaca
Nella presenza del figliuol di Dio,
     Fatto ha del cimitero mio cloaca
Del sangue e della puzza, onde il perverso,
Che cadde di quassú, laggiú si placa.

L’Ariosto ha voluto farne la caricatura. San Giovanni rinnova la scena, toltane la serietá. Perché s’indegna? — Non v’è che un mezzo di fuggir la morte, dice il poeta, beffandosi dell’arte sua: tenersi amici i poeti. Ed allora non solo sarete sicuri dell’immortalitá; ma potrete bricconeggiar senza tema di acqui-

F. de Sanctis, La poesia cavalleresca. 9