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i06 la poesia cavalleresca

si vede che vuol far dello spirito. Più in là, getta nel fossato un Morchino, che non adorava altro che il vino; il poeta dice:

Or quivi muore; e quel che più l’annoia
È ’l sentir che nell’acqua se ne muoia.

Rodomonte, alla testa di ventimila uomini, è un capitano alla testa delle sue schiere; non ha nulla ancor di cavalleresco. I suoi danno la scalata; è curioso veder come Ariosto la concepisce. Vi siete mai trovato in una folla costretto ad urtar chi vi precede perché urtato da chi vi segue:

Spinge ’l secondo quel ch’innanzi sale,
Ché il terzo lui montar fa suo malgrado.

È una maniera comica: il meraviglioso non s’è ancor sviluppato, si sviluppa quando s’esce dalla condizione storica. Rodomonte è cattivo generale: spicca un salto dal primo muro sul secondo, ma i suoi, da semplici mortali, scendono nel fossato, dove i Cristiani ne bruciano undicimila e otto. Siamo fuori delle condizioni ordinarie e reali; precipitiamo nell’assurdo cavalleresco. L’impressione dell’autore si rivela nello stile: ha avuto innanzi sei versi di Dante:

     Diverse lingue, orribili favelle
Parole di dolore, accenti d’ira
Voci alte e fioche, e suon di man con elle,
     Facevano un tumulto il qual si aggira
Sempre in quell’aria senza tempo tinta
Come la rena quando il turbo spira.
Ha imitato rimanendo Ariosto. Modifica idee ed armonie, secondo la situazione. Ciò che per Dante è tumulto, è per Ariosto un’armonia: le strida umane e il crepitar della fiamma si accordano. Ne’ versi di Dante, ricchi e pieni d’idee, non v’è compassione ma orrore:
Ed io ch’avea d’orror la testa cinta.