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mi seccavano: giungevano appena al mio orecchio. Anche quel parlar dei fatti altrui, quel contare le scempiaggini o le monellerie di questo e di quello mi trovava distratto.

I momenti più deliziosi li passavo nella scuola del Marchese. Pochi andavano via; c’erano sempre nuovi venuti; la discussione de’ lavori mi allettava; la lettura era sempre di cose nuove; più che una scuola, pareva quello un trattenimento letterario; era una varietà, quasi uno svago nella monotonia della mia vita. Il Marchese s’era un po’ infastidito de’ novizii, e si volgeva più volentieri agli Eletti e agli Anziani; la moltitudine ci stava come gli spettatori nella platea. Cominciavano i trecentisti a esser messi in disparte; si venne al Quattrocento e al Cinquecento e anche un po’ al Seicento. Quelle letture fatte alla buona, accompagnate dai gesti e dalle esclamazioni del Marchese, facevano in me una impressione incancellabile. Non avevo letto ancora nulla del Poliziano; una sera furono lette alcune delle sue ottave con ammirazione di tutti; il Marchese non potea stare fermo e dava di gran pugni sul tavolo; anche oggi mi sta nell’orecchio quella musica che ci rapiva tutti, maestro e discepoli. Il Boccaccio e Dante e il Petrarca erano «serbati per le frutta», come diceva il Marchese, e voleva dire che s’avevano a leggere in ultimo. Ma l’ordine era rotto; gli Anziani avevano preso la mano. Si lesse una predica del Segneri sul giudizio finale; una descrizione della chiocciola di Daniello Bartoli, per il quale sentiva il Marchese un entusiasmo che non giungeva a comunicare: c’era qui il riflesso e l’eco di Pietro Giordani, gran trombettiere a quel tempo del Bartoli. Insieme con questi seicentisti si leggeva la novella del Gerbino o la descrizione della peste o la Griselda del Boccaccio, e le «Chiare, fresche e dolci acque» e le «tre sorelle» sugli occhi di Laura, e il celebre «Levommi il mio pensiero», e parecchi altri sonetti del Petrarca, e i primi canti di Dante, e del Purgatorio e del Paradiso certi luoghi piccanti, come il Sordello e la collera di san Pietro. Queste cose che avevo lette da solo, tra molta gente e tra cosí vive impressioni acquistavano un nuovo sapore.

Non perciò i trecentisti erano dimenticati. Il Marchese, che