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xi. 1819 - gl’idillii | 85 |
è il motivo musicale e poetico, nella sua prima semplicità, di quello che più tardi sviluppandosi fu rappresentazione della vita pastorale, spesso in forma drammatica. E quel motivo è l’impressione immediata e nuova prodotta dalla contemplazione della natura su anime solitarie e malinconiche. Tale è il motivo dei popoli primitivi, dalle cui ingenue immaginazioni e contemplazioni uscirono quei primi scherzi della fantasia che furono chiamate religioni.
Quel motivo, sperdutosi nel rumore della vita, ritorna nella solitudine dei campi, e rimane come la Musa occulta dell’idillio o della egloga nel suo sviluppo drammatico, com’è negl’idillii greci.
Notabile è l’idillio quinto di Mosco, tradotto da Leopardi giovanissimo, dov’è un primo indizio della sua poetica natura, e da cui uscì probabilmente l’esempio e la concezione di questi idillii.
Qui veramente si scorge una prima orma del suo genio. Perché Leopardi, come lo conosciamo già, è un personaggio punto epico e punto drammatico, è un personaggio idillico. Non è uomo d’azione, non partecipa alla vita esteriore; non è atto a cantarla; essa non è altro che la tavolozza dei suoi colori. Anche nei momenti di maggiore entusiasmo trae di colà la semplice stoffa del suo spirito, nel quale unicamente vive. Quella è il mezzo, non è il fine. Tolto all’azione e alla vita esteriore, in quell’ambiente odioso di Recanati, si sviluppa ancora più in lui la concentrazione naturale del suo spirito in sé stesso.
Così vien fuori una natura contemplativa, solitaria, a cui quegli studi, quel vivere, quel sentimento della sua infelicità porgono sempre nuovo nutrimento. Anime così fatte sono affettuose, perché uomo senza società si sente vedovo, e cerca sollievo nella contemplazione della natura, e la guarda con occhio di amante. Da queste disposizioni nasce l’idillio nel suo più alto significato.
Una prima contemplazione è l’Infinito, tutta in versi endecasillabi, senza rima, com’è l’idillio quinto di Mosco, e gli