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ignoranti moltitudini. E vuol far ben comprendere che la religione, anzi la Chiesa, è il piú sicuro rimedio contro gli errori e le superstizioni, e che la filosofia e la ragione abbandonate a sé danno pessimi frutti. Veduto da Recanati e dalla casa paterna, questo libro ci par cosa naturalissima, come ci pare il libro Dell’antichissima sapienza degl’italiani di Giambattista Vico, veduto dalla solitudine della biblioteca. Ma se lo guardiamo da più vasti orizzonti, quel libro ci farà stupore. Cosa era l’Europa allora? Che movimento c’era ne’ fatti e nelle idee? Quando Leopardi aveva quattordici anni, era il 1812, spedizione di Russia; e quando componeva il Saggio, era il 1815, Waterloo e la Santa Alleanza. E queste lotte e questi avvenimenti politici avevano a loro base un gran mutamento nelle idee, più forte contro Napoleone e il secolo da lui rappresentato, che non furono i battaglioni angloprussiani. Era il risveglio dello spirito e dell’ideale, della giustizia, della libertà, della patria contro un uomo e un secolo personificato nelle matematiche e nei gros bataillons.

C’era in quel movimento d’idee Schiller e Goethe e Fichte e Chateaubriand e la Stäel, e più tardi Hugo e Lamartine. E c’era allora un italiano a Parigi, mescolato in quel gran moto di fatti e d’idee, e caldo il petto di quello spirito nuovo, che pubblica gl’Inni in quell’anno appunto che Leopardi, con in capo la biblioteca, scrive il Saggio sugli errori popolari degli antichi. Medesimo scopo in tutti e due, l’apoteosi della religione. Ma l’una era opera viva e l’altra opera morta. Gl’Inni parvero il segnale di una nuova letteratura e di un nuovo moto d’idee, ebbero edizioni e imitatori: c’era lì dentro passione e ispirazione. Il Saggio è il prodotto dell’ambiente e della tradizione, una tradizione passivamente ricevuta, non ventilata, non assorbita nella propria personalità. Lì era il principio di un mondo nuovo; qui lo strascico di un passato che moriva. Lo scopo del Saggio è la semplice «etiquette», un pretesto, senza che il giovane ne abbia coscienza. È un pretesto che gli offre occasione magnifica di metter fuori quell’immenso materiale di conoscenze condensato nel suo cervello. A dimostrare verità di fatto che tutti sanno, e che nessuno contrasta, ecco una filza di citazioni, una