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sopra un discorso filato. Pure, da quel poco che siamo andati raccogliendo, si può argomentare nettamente il suo concetto.

Per lui la lingua è un organismo vivo, e che per vivere ha bisogno di nutrizione e di assimilazione. Una lingua, che vive sempre della sua sostanza, è poco meno che morta. Il fenomeno della continua formazione e assimilazione lo attribuisce meno alla ragione che alla natura, e vuol dire a una forza spontanea e inconsciente, che opera con certe leggi e in certi confini: cosa da lui intuita e accennata e non esplorata. Ma lasciando fuor d’esame questo punto, insiste in questo, che agli scrittori non si può negare la facoltà di derivare e inventare vocaboli e forme di favellare, e non c’è vocabolario che tenga. Biasima gl’italiani, più disposti a imitare che a trovare, ricercando negli scrittori «la facoltà della memoria massimamente; e chi più n’ha e più n’adopera, beato lui».

Ma la facoltà di derivare e inventare non è però licenza e vuol essere adoperata con misura e con gusto. Lo scrittore può fare, quando sappia fare. E allora può dire con Voltaire: «Tant pis pour la grammaire». Il modo di farlo è il segreto dell’ingegno.

Voglio che sappiano i pedagoghi ch’io poteva dire disusato per dissueto, colla stessissima significazione; ed era parola accettata nel Vocabolario, oltre che in questo senso riusciva elegante, e di più si veniva a riporre nel verso come da sé stessa. A ogni modo volli piuttosto quell’altra. E perché? Questo non tocca a’ pedanti di saperlo.

Ed è appunto questo segreto, che ha spinto a sostituire a parole dimostrate per buone altre parole, come «intralciare» a «ingombrare», «alleggiare» a «far sollazzo», ancorché lungamente si sia affannato a difendere «ingombrare» e «sollazzo».

Ma ci è una cosa che Leopardi con tutto il suo ingegno straordinario non potea fare, coniar parole vive nel suo sepolcro di Recanati. Il commercio dei vivi è necessario allo scrittore che voglia esser vivo e popolare. I libri e la dottrina ci possono poco. Si può fare cosa corretta, con gusto anche, ma non cosa viva,