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XVIII

1822-23


«ALLA PRIMAVERA» E L’«INNO AI PATRIARCHI»

Se il Bruto e la Saffo furono scritti prima che Leopardi andasse a Roma, o dopo, è una ricerca senza importanza. Certo è che furono scritti nel giro di questo tempo e di questi sentimenti. La poesia Alla Primavera fu scritta probabilmente a Recanati in maggio, nel suo ritorno da Roma, col cuore gelido, in mezzo alla volgarità della sua vita. La primavera ha prodotto sempre un grande effetto sul suo animo. L’infelice passò la sua vita a desiderare, ad attendere ciascuna primavera, sempre con que’ chi sa! che sono un’altra illusione. Avea passato l’inverno benino; la salute era buona, potea studiare, farsi le passeggiate. L’odore della primavera svegliò nel suo cuore certi palpiti insoliti, la memoria della sua giovinezza. Ma furono velleità, ed egli ci ragiona sopra e ci fa dei versi.

Il poeta non ha la forza di trasportarsi in mezzo a quella bella natura, aspirarla, goderla. E non ha neppure la forza di disperarsi, di alzare le grida. Non sente la primavera pur descrivendola e ragionandovi su. Le immagini si spuntano in concetti, in contrasti, in riflessioni. Vuol dire: — Tornata è la primavera, ma non torna la mia giovinezza — . Questo lo pensa, ma non lo sente. E n’esce una forma discorsiva, che i punti interrogativi non valgono a riscaldare. Il poeta se la piglia con la scienza, l’«atra face del vero», che ha distratta ogni vita poe-