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xiv. 1821-22 - due canzoni patriottiche 135

volte parlate, e cerca l’effetto nella novità, non delle cose, ma delle forme. Onde nasce una forma sudata, condensata in brevi sentenze, come aforismi, con certe frasi insuete del più riposto classicismo, con quella cert’aria di solennità dotta e misteriosa che ammiriamo in Foscolo.

    O miseri, o codardi
Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso
Tra fortuna e valor dissidio pose
Il corrotto costume.

Sembra voce cupa e breve di Fato. Più che a sviluppare, il poeta è intento ad assottigliare pensiero e frase, come:

Né pura in granii petto alma si chiude.
E di nervi e di polpe
Scemo il valor natio    .    .    .
               .    .    .    .    quando a tenzone
Scendono i venti, e quando nembi aduna
L’Olimpo, e fiede le montagne il rombo
Della procella.

Questi oggetti accumulati in forme peregrine producono tensione e affaticano lo spirito. Potrei chiamarla una forma intellettuale, e ci si capita quando il cuore non batte e l’immaginazione non è calda. Ben si vede che il poeta abbozzava prosette satiriche, e si sforzava di ridere sui mali suoi e altrui. La rivoluzione napolitana era fallita, e lui rideva e pensava i Paralipomeni. Non era più in lui l’impeto oratorio del patriota, che sognava libertà a breve scadenza. Il suo entusiasmo scettico si sdoppia: l’entusiasmo muore; rimane lo scetticismo. Guarda l’obbrobriosa età, non più con l’indignazione magnanima di giovane, ma con acume filosofico, come di chi esamina un cadavere, e pronunzia sopra a quello degli apoftegmi. Anche il potere della donna e dell’amore sugli uomini viene espresso in