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per avere una prima immagine di un tipo naturale della donna, così come errava nella sua giovine fantasia.

Nel Sogno la fanciulla è morta da più mesi. È pur dessa, quella vaga fanciulla festosa, «nel fior degli anni estinta, quand’è il viver più dolce». Ma qui Leopardi ha già un concetto suo della vita e della morte. La vita giovanile è felice, perché è l’età della speranza, non ancora sopraggiunti i disinganni, e non ancora sopraggiunto il vero a dissipare le care illusioni, e a rendere desiderabile la morte.

                              A desiar colei
Che d’ogni affanno il tragge, ha poco andare
L’egro mortal; ma sconsolata arriva
La morte ai giovanetti, e duro è il fato
Di quella speme che sotterra è spenta.

Che cosa è dunque questa fanciulla? Non è la creatura angelica che torna in cielo ond’è venuta, radiante di luce, più bella e meno altera. No. È una fanciulla infelicissima perché tolta alla vita, quando amava ancora la vita. Ora è fuori di ogni illusione; pure lamenta che la morte l’abbia tolta alle sue illusioni e abbia abbreviata la sua felicità. Ciò che c’è di comune in questa fanciulla, è la morte in quella fresca età: un fatto pietoso che ha ispirato molte elegie; morire quando appena si è assaporata la vita, è il concetto comune di questi lamenti. Ma c’è di nuovo questo, che la fanciulla morta qui è la voce della tomba, rivelatrice del vero. È già sappiamo cosa è per Leopardi «il vero». È la vanità della vita e il mistero della morte, infelici tutti, salvo i perpetui fanciulli che prendono le ombre per cosa salda, e ignorano il vero. La fanciulla era felice perché ignorante; ora è infelice perché sa quello che natura «asconde agl’inesperti della vita», cioè a’ giovani. Così il fatto particolare di una morte immatura acquista significato universale, l’elegia s’alza a tragedia. Ma se a lei la morte fa conoscere il vero, cioè la vanità delle cose, il destino di Leopardi è ancora più tragico; perché, giovane ancora, conosce la vanità della vita e si sente vecchio:

Giovane son, ma si consuma e perde
La giovanezza mia come vecchiezza.