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storico, l’autore rompe il racconto, e ci parla di quei bravi, ce ne descrive il vestiario, e non contento di ciò, riporta e cita le gride che vietavano e condannavano quella classe di persone, e dice perfino i nomi dei diversi legislatori, spendendo alquante pagine per farci sapere tutto questo, che arresta il movimento dell’azione principale, mercé una digressione. Ma passi se queste digressioni fussero sempre brevi, e rare. Alcune volte egli si dimentica che fa una digressione, si dimentica di avere un racconto per le mani, e a rischio di stancare la pazienza del lettore, scrive capitoli interi di quelle tali appendici o escrescenze, delle quali si serve per compiere il quadro di quel secolo XVI. Così egli consacra un capitolo al Cardinale Federico Borromeo, ed un altro a Don Ferrante per farci conoscere i costumi e la letteratura di quel tempo.
Ma mi direte, vorreste voi toglier di mezzo que’ capitoli?
Io non lo vorrei, perché i fatti in que’ capitoli sono esposti con tanta esattezza, con tanto spirito, che quando voi dopo la prima lettura, nella quale siete spinti dall’interesse del racconto di correre fino all’ultima parola, saltando le digressioni, tornate poi a rileggerli, voi non potete fare a meno di fermarvi sopra di essi, dove sono notizie esposte con grande calore artistico, e voi non avrete il coraggio di dire all’autore: «toglieteli dal vostro romanzo». Ma vi dirò che il bell’effetto in voi prodotto riesce dal metodo di esposizione, ma che d’altronde gli è sempre un difetto perché vengono così lese per poco le leggi d’armonia e proporzione artistica. Nondimeno quel difetto è minore qui che in altri poeti, dominati parimenti dal gusto di argomenti estranei al concetto principale. Prendete il Dante; il suo mondo artistico è l’Inferno, il Purgatorio ed il Paradiso, ed egli volle gittarvi dentro tutta la sua teologia, e la filosofia; c’è lí dentro un mondo intero teologico e filosofico che vizia e guasta il concetto artistico: e voi trovate pure nelle parti interiori la sentenza, il sillogismo, che vi oscurano l’immagine, ed all’esterno ci trovate la forma simbolica che la turba e vi fa pensare a darle significati arbitrarii.
Quel difetto dunque in Dante ed in altri poeti è maggiore che in Manzoni, perché in essi penetra in tutto, mentre nel Manzoni, se ne togliete poche appendici, il resto è puro.
Così pure vi è stato un gran poeta che ebbe la istessa intenzione e si trovò nelle stesse condizioni del Manzoni.
Torquato Tasso infatti fu il poeta che sorse come reazione contro il Concilio di Trento, come il Manzoni fu il poeta della reazione contro le teoriche degli Enciclopedisti di Francia, e gli scrittori del secolo XVIII. Ambedue poeti della reazione, che cercano restituire il suo posto al mondo cattolico, e che vogliono sostituire ad un mondo fantastico un mondo storico e positivo. Cosi il Torquato volle contrapporre al mondo cavalleresco e fantastico dell’Ariosto il mondo delle crociate, come il